oppure altro titolo: Zanè: “Mio nonno Ettore, un eroe che porto nel cuore”. Il racconto di Stefania Carino che unisce la Città nella Memoria
Una storia di coraggio e sopravvivenza che attraversa i confini del tempo e, in occasione della Giornata della Memoria, la comunità di Zanè e di Thiene si unisce al racconto di Ettore Carlino, figura eroica e protagonista di gesta di resistenza e amore familiare. Diventa ancor più significativo per Zanè grazie alle testimonianze di sua nipote, Stefania, residente in questo comune insieme al marito Andrea Busin, noto imprenditore.
La storia di Ettore Carlino è già stata pubblicata nel 2020 nel giornale “Le Porte della Memoria 2020” a cura di “Amici della Resistenza A.N.E.I. A.N.E.D.”, Istituti scolastici di Thiene, Scuola di Formazione Tecnologica con il patrocinio del Comune di Thiene, mentre la stesura dei vari testi è stata curata e coordinata dal professor Giannico Tessari per conto dell’Associazione Amici della Resistenza.
Matricola n. 53375 del campo di concentramento di Mauthausen, Ettore Carlino ha vissuto l’inferno, ma la sua storia è una testimonianza di resilienza e coraggio: “Abbiamo una fame tremenda, era da giorni che non mangiavamo qualcosa di solido. Io e il mio compagno di prigionia seguivamo da qualche giorno un grosso topo in carne che ci faceva venire l’acquolina. Avevamo tanta fame! Una notte l’abbiamo atteso e organizzato la cattura, ma non è più comparso, ci veniva da piangere. Poi sapemmo che un polacco ci aveva preceduto,” racconta Ettore Carlino nel giornalino.
Il bracciale e il racconto di Ettore Carlino, condivisi nel 2020 dalla sua famiglia di Zanè, sono una testimonianza diretta di un periodo buio della storia. Deportato politico a Mauthausen dal 1944 al 1945, Ettore è miracolosamente sopravvissuto alla camera a gas. Un dettaglio che rende la sua storia ancora più straordinaria.
La vita di Ettore Carlino inizia il 12 marzo 1910 a Cittanova (RC). Emigrato nell’allora provincia di Vercelli nel 1934, si stabilì a Crevacuore, Sostegno, e successivamente a Pray Biellese. Nel 1938, emigrò in Francia ma, non trovando lavoro, chiese di essere rimpatriato, subendo una condanna di tre mesi per espatrio clandestino. Dopo un periodo di detenzione, si stabilì a Biella.
Il suo impegno politico e la partecipazione attiva alla Resistenza antifascista cambiarono drasticamente il corso della sua vita. Nel 1943, fu arrestato dai carabinieri per propaganda volta a provocare uno sciopero nel cappellificio in cui lavorava. Condannato a cinque anni di confino, fu liberato il 11 agosto 1943 a seguito della caduta del fascismo, ma fu nuovamente arrestato il 7 dicembre dello stesso anno dalla Gestapo.
Compagno di prigionia di Angelo Cova, Gaetano Mellino e Mario Mainelli, Ettore Carlino fu imprigionato in attesa della destinazione a Torino. Tutti facevano parte di un gruppo clandestino che appoggiava la Resistenza, fornendo aiuti come finanziamenti, nascondigli, e documenti falsi. Operavano nella 12ma Divisione Garibaldi, sotto il nome di battaglia “Muto.”
Trasferiti a Mauthausen con diversi trasporti, il gruppo, composto anche da Francesco Albertini, giunse nel campo nel febbraio del 1944. La tragica sorte colpì i compagni di Ettore Carlino: Mario Mainelli trovò la morte al Castello di Hartheim il 15 luglio 1944, Gaetano Mellino morì a Ebensee il 29 marzo 1944, e Angelo Cova, rientrato a Biella in fin di vita, si spense il 16 luglio 1945.
Ettore Carlino, invece, fu l’unico sopravvissuto del gruppo. Dopo aver lavorato nella cava di granito a Mauthausen e aver svolto il compito che lui chiamava “guardiano ai morti” (ovvero la raccolta dei cadaveri) a Gusen, un sottocampo ancora più duro, fu liberato nel maggio del 1945 quando le truppe americane giunsero al campo. Rientrato in Italia con una salute precaria, pesando soli 38 kg, riprese un’intensa attività sindacale e politica nelle fila del PCI di Biella.
La sua storia tragica e coraggiosa, inaspettatamente, si intrecciò con un altro capitolo sfortunato della sua vita. Nel 1975, a 65 anni, Ettore Carlino, miracolosamente sopravvissuto a Mauthausen, ebbe un incidente stradale non molto grave vicino a casa. Curato con penicillina, nonostante avesse un cartellino che lo dichiarava allergico, la sua morte giunse per mano dei medici.
Stefania, la nipote di Ettore Carlino, ci offre uno sguardo intimo su questo eroe silenzioso. “Mio nonno era un nonno splendido, pieno di attenzioni per le nipotine, molto dolce ma allo stesso tempo introverso. Non ha mai raccontato a nessuno la sua storia se non a sua moglie e successivamente a mio padre e mia madre. Sempre molto riservato per quello che aveva vissuto nel suo passato, probabilmente si proteggeva non raccontando.”
Stefania conclude la testimonianza su suo nonno, rivelando il profondo attaccamento di Ettore Carlino alla sua storia. “Quando arrivavano queste giornate ogni anno, lui partiva insieme ai suoi due cari amici che avevano affrontato le stesse sfide della vita e andavano a Mauthausen per commemorare quel periodo. Ci teneva ogni anno a tornare a Mauthausen. Era un grande personaggio, figlio di quel tempo.”
Ogni anno, Stefania, insieme al papà e al marito, fa una commovente visita a Mauthausen, portando con sé il braccialetto di Ettore Carlino. Quest’anno, in occasione della Giornata della Memoria, consegnerà il braccialetto al museo di Mauthausen, un gesto che simboleggia la perpetua memoria di chi ha lottato per la libertà. La luce della loro storia continua a brillare, illuminando il cammino delle generazioni future e unendo Zanè e tutto l’alto vicentino nella riflessione e nel ricordo.
A soli dodici mesi dalla sua scomparsa, nel 1974, Ettore Carlino ricevette un encomio dal Consiglio Regionale del Piemonte. Nel 1985, in un riconoscimento postumo di particolare prestigio, il presidente della Repubblica Sandro Pertini e il Ministro della Difesa Giovanni Spadolini gli conferirono il “Diploma d’onore al combattente per la Libertà 1943 – 1945”. Benché giunti con un certo ritardo, tali onorificenze sono un tributo meritato a un uomo che ha dedicato la sua vita alla lotta per la libertà, evidenziando, al contempo, le consuete sfide burocratiche che spesso caratterizzano la storia del nostro Paese.
Laura San Brunone