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Thiene. La denuncia: “La stampa è piegata, la mafia è anche qua”

Un post, di quelli che ti puoi permettere a fine carriera, di quelli che non stupiscono per chi è addetto ai lavori ma che fa riflettere soprattutto a due giorni dall’anniversario della morte del magistrato anti mafia Giovanni Falcone.

Il post sulla pagina facebook di Valerio Bassotto, giornalista pubblicista del Gazzettino ed ex direttore responsabile di Thiene News, affronta l’argomento delle amministrative thienesi ormai alle porte: una campagna elettorale in corso via telefono e via web, ma che ufficialmente sembra distante mesi e mesi.

A parte ‘l’audace’ avvocato Giuseppe Marra, che prima di Natale si è presentato agli organi di stampa ed invia i volantini, che presidia le varie zone di Thiene con il suo banchetto di presentazione, nessun candidato ha ancora ufficializzato la sua candidatura.

Eppure la rosa dei nomi dei papabili è già sulla scacchiera e l’arguto Bassotto, che di Thiene conosce tutti i retroscena comprese le zizzanie, non dedica il suo post ai nomi, che di certo sa bene, non si sofferma anzi, alla fine del suo pensiero che non gliene importa nulla di chi sarà il prossimo sindaco.

Va ben oltre, Valerio Bassotto, e senza peli sulla lingua parla di quel sistema che vige ancora nel 2021, con una stampa asservita che non racconta la verità, ma si preoccupa di non pestare i piedi, di non creare rogne, limitandosi a ‘leccare’ il potenziale primo cittadino, pur di non ricevere ‘ritorsioni’ in futuro.

Il navigato cronista racconta di quando dirigeva Thiene News e se osava scrivere qualcosa che dava fastidio si ritrovava contro non solo l’amministratore oggetto dei suoi articoli, ma anche i suoi seguaci.

E se tra questi vi era un commerciante abituato a fare pubblicità sul giornale sul quale scriveva, era inserzione ritirata assicurata.

“Hai parlato male di quell’amministratore, non posso fare pubblicità sul tuo giornale”, racconta in parole povere Valerio Bassotto, che ormai si gode la pensione ed è diventato lettore dei giornali che un tempo avevano la sua firma.

Questo il clima che si respira nelle redazioni di molti giornali locali, dove paradossalmente sembra non esserci la caccia alla notizia che dovrebbe animare la professione giornalistica, ma l’affanno di ogni giorno è quello di trovare il modo di compiacere questo o quell’amministratore, che sia regionale, che sia del Comune a fianco, gli sforzi non sono quelli di cercare verità da portare a conoscenza dei lettori e di questo ‘fenomeno’ non si può solo incolpare la politica locale, ma i primi punti di riferimento dei giornalisti, l’utenza, il popolo, che anziché apprezzare quello che scoprono attraverso la stampa, si rivoltano contro i cronisti che si sono ‘permessi’ di mettere in discussione l’operato del loro beniamino di turno.

Condizionati dalla politica, ma anche dai lettori che con lo strumento dei social vengono ‘sganciati’ sulla rete per punire il giornalista che si permette di andare oltre la leccata di culo.

Valerio Bassotto denuncia un sistema che ipocritamente viene considerato normale e che mortifica il lavoro dei giornalisti che, forse in pochi lo sanno, hanno il dovere di raccontare quello che non va, non quello che va e che non farebbe notizia. La stampa nasce come denuncia e non come servilismo del potere: raccontare che all’ufficio anagrafe le impiegate sono tutte gentili non è una notizia. Il cronista vero deve denunciare un disservizio, con il compito di farne giungere notizia a chi ne è responsabile in modo che venga ripristinato e migliorato.

Bassotto va ancora oltre e racconta di aver subito ripercussioni per aver scritto in maniera libera, anche se significava attaccare un proprio parente: “I miei sponsor erano i primi a farmi pagare le conseguenze, me lo dicevano guardandomi in faccia e facendomi capire che se volevo la loro sponsorizzazione per il giornale dovevo cambiare linea”.

Sappiamo che quello che racconta Bassotto è vero perché noi stessi, di Altovicentinonline, abbiamo vissuto le stesse esperienze. E quel non avere peli sulla lingua non è mai stato definito come un valore aggiunto del giornalista, ma è stato dequalificato e vigliaccamente classificato come ‘pessimo carattere’ del giornalista.

In parole povere, dire la verità nel 2021, significa spesso attirarsi non solo molti nemici, ma vedersi squalificati dal punto di vista umano da chi ancora non riesce ad accettare il ruolo della stampa libera e non asservita.

Natalia Bandiera

Anna Bianchini