La dura vita di chi cerca lavoro, di chi dopo aver fatto gavetta ed esperienza non può accontentarsi di 600 euro. Lo stress dei colloqui e l’attesa snervante per poi sentirsi ripetere:” Le faremo sapere”, oppure “non ha le caratteristiche della figura da noi ricercata”. In una società dove le aziende chiedono aiuto per la ricerca ricerca disperata di lavoratori e le associazioni di categoria ne ribadiscono i diritti dichiarano che non c’è domanda, spunta l’ennesima denuncia da parte di una donna di 42 anni , residente nell’Alto Vicentino, che con un appello via social elenca tutte le problematiche del mondo del lavoro. Quelle che un disoccupato che vuole trovarne deve affrontare. Un argomento di grande attualità, con l’opinione pubblica divisa e sul quale, nonostante dibattiti a tutti i livelli, non si riesce a trovare una quadra. M.R. non riesce a trovare lavoro nonostante un curriculum pieno di esperienza. Ex impiegata amministrativa di quinto livello passata poi a C 2 metalmeccanico, commerciale estero dopo, parla due lingue. Una donna con un bagaglio che alle volte sembra essere quasi “troppo nutrito”: tre pagine di competenze che pesano quando, al un colloquio si sente dire: “le faremo sapere”. “Nell’azienda dove lavoravo, ero riuscita a creare un buon team di ufficio e avevamo un buon ritmo lavorativo. Poi è stata venduta ed io avevo un contratto a termine. Sono senza lavoro , i sette mesi di Naspi sono finiti. Più si avvicinava la scadenza della disoccupazione, più ho iniziato a limitare le mie aspettative. Sono passata da proposte di lavoro come commessa, addetta scaffalatura, logistica fino ad arrivare a cameriera. Cosa che sembrava essere facile all’inizio, ma poi mi sono resa conto che non era così. Nella GDO offrono turni, ma per chi ha sempre lavorato a giornata, terminando alle 17.30, non è facile, specialmente la notte. Non ho più vent’anni e per una donna non è così semplice. Quindi anche questa è una fetta di lavoro a me negata, di notte non lavoro. Avrei voluto semplicemente fare il mio mestiere. Oltretutto devo lavorare ancora quasi altri vent’anni, ho troppi buchi contributivi perché non sempre sono riuscita ad avere una continuità. Vorrei riuscire ad avere un contratto di lavoro normale e in regola, come lo era prima e com’è sempre stato”.
Formazione nelle aziende e turni massacranti
Una continua lotta tra la propria dignità di donna, di lavoratrice, individuo che deve potersi permettere l’affitto anche se abita da sola, le cure mediche, generi alimentari. Una vita che sia vissuta e non per la sopravvivenza. Superati i 40 anni una donna sente spesso il bisogno di avere chiaro il suo posto nel mondo, avere il diritto di poter fare progetti di ogni genere, soprattutto dopo 25 anni di esperienza. “Ci sono state tre richieste che ho concretizzato con delle prove, full-time fino alle 17.30, una era un’azienda produttrice di sedie, un’altra una carpenteria pesante e l’ultima era nel settore plastico e chimico. Ho preferito in tutti e tre i casi salvare la mia parte psicologica perché erano ambienti molto tossici, si arrivava all’esaurimento. Ho formato nella mia vita moltissime ragazze, non si può pretendere che dopo una settimana una dipendente in prova sia autonoma. Ho formato anche colleghe, sono sempre stata disponibile con loro, ero sempre a disposizione. Nell’ultima azienda con cui ho fatto la prova, premettendo che si tratta di un’azienda seria, con contratto in regola e stipendio adatto, al venerdì mi sono ritirata perché si chiedeva di essere dopo cinque giorni autonomi. I colleghi non davano una mano, men che meno la proprietà. Nessuna prospettiva di formazione”.
Colloqui continui, nessuna concretezza
“Finiti i sette mesi della disoccupazione, mi sono data da fare e ho iniziato a fare tantissimi colloqui. Anche nel mio settore l’età conta molto. Con la scusa che entro i 29 anni si può fare un contratto da apprendista, per un anno l’azienda è coperta. Peccato che poi si vede di nuovo l’annuncio della stessa azienda al termine del contratto. Perché non formano? Vogliono carne fresca ma con esperienza. E questi sarebbero gli imprenditori? Da giovane ho fatto come secondo lavoro la cameriera in bar e pizzerie, le solite cose che si fanno da ragazzi, quindi a quarant’anni sono tornata sui miei passi e ho ricominciato da qui, ho fatto domanda nei supermercati, che pero’ fanno solo venti ore alla settimana e a me serve uno stipendio pieno, anche se comunque non sarà mai come quello che ricevevo prima. Allora sono passata a lavorare nei locali, pizzerie e altro ancora facendo sempre richieste nelle aziende. Mi arrangio come cameriera, spezzo le ore in più locali, anche fino a sera tardi, per cercare di racimolare uno stipendio dignitoso”. La delusione di una donna che dopo i 40 anni non può ricevere uno stipendio di almeno mille euro al mese: “Non è dignitoso. Se hai un mutuo e sei sola, ha già finito lo stipendio. Non è etico. Offro anni di esperienza, mi sono sempre aggiornata con corsi di formazione. Li prende un neo diplomato o neo laureato, e neanche. La cosa che più mi infastidisce è che, pur non avendo figli (non sono più in età per averne anche per motivi personali), nonostante possa dare la massima disponibilità, anche di notte, per lavorare sono ancora senza lavoro”.
Centri dell’impiego e agenzie interinali: a cosa servono davvero?
Inevitabile volgere lo sguardo anche alle agenzie per l’impiego che si occupano della cosidetta ‘somministrazione del lavoro’, prima tappa di un disoccupato. A sentire le centinaia di lavoratrici e lavoratori in cerca di un posto, pare proprio che questi centri siano saturi di proposte lavorative, a meno che non sia richiesta una figura particolare e specifica. Spesso ci si chiede se siano davvero utili al fine di trovare lavoro o se siano l’ennesima perdita di tempo. Diverse agenzie infatti ora non accettano più nemmeno il curriculum cartaceo nè tanto meno la visita in filiale, spesso viene chiesta la candidatura tramite sito internet, quindi si salta il classico ‘primo colloquio conoscitivo’ per la raccolta di informazioni e una prima scrematura delle varie mansioni presenti, sentendosi dire il famoso ‘le faremo sapere’. “Non c’è alcun aiuto, potrei scrivere una tesi sia sul nostro ufficio per l’impiego che copre tutta la zona di Schio e Thiene, sia sulle agenzie interinali. Le conosco tutte e so che l’80% delle persone tra Schio e Thiene che cercano lavoro sono donne. L’essere donna diventa la discriminante. Se andassi a Londra, non si può fare per via della Brexit, troverei lavoro allo stipendio che voglio io. Avere esperienza è sentita se si è un uomo, se si può girare tre giorni su quattro, non è visto come un plus positivo. Ho 25 anni di esperienza, dovrebbe essere un punto di forza invece mi sono accorta che non lo è”.
L’appello è stato proposto dalla stessa donna anche sui social. Ha ricevuto notevole attenzione proprio per via di un tema che sta a cuore a molti. Tra i commenti spicca anche l’intervento di un noto imprenditore thienese che dal canto suo risponde “Basta irridere gli imprenditori che rischiano! Il costo del personale non è il netto in busta ma più del doppio. Aprite voi bottega o ristorante con personale. Poi vedremo che reddito porterete a casa!”
Laura San Brunone