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Quanto ci costerebbe curarci se non ci fosse la sanità pubblica?

Quanto costerebbe curarsi se il Servizio sanitario nazionale non ci fosse, e il paziente dovesse pagarsi ricoveri e terapie? Tanto, troppo. Il bilancio lo fa l’Anaao Assomed, il sindacato dei medici ospedalieri, che presenta il “conto ombra” della crisi del Ssn: “Perché se non ci fosse più il Servizio Sanitario Nazionale – sottolinea l’Anaao – che oggi grava sui cittadini solo per la fiscalità generale, il conto delle cure sarebbe assai salato”.

Qualche esempio: da 422 a 1.278 euro al giorno il costo di un ricovero nel privato. Che il paziente dovrebbe pagare interamente insieme ad altre voci di spesa: 1.200 euro l’ora per la sala operatoria, 600 euro al giorno per la degenza in un reparto chirurgico, 400 euro al giorno per la degenza in un reparto di medicina, 165 euro al giorno per ricovero ordinario post acuzie.

Se si avesse bisogno di un banale intervento di colecistectomia, si dovrebbero pagare dai 3.300 ai 4.000 euro, più la parcella del chirurgo, da 3.000 a 10.000 euro. E ancora: per un check up cardiologico si spenderebbero 775 euro (con mammografia) per una donna under 40, 694 (con mammografia) per una over 40, 345 per un uomo under 40 e 395 per un over 40.

La situazione, denuncia l’Anaao, è al limite, con la sanità pubblica in forte crisi, e le cause sono profonde: “Il cronico insufficiente finanziamento pubblico del servizio sanitario nazionale che ci qualifica come il primo dei paesi poveri paragonabile a Grecia e Romania; l’autonomia differenziata, l’eccessiva frammentazione regionale e territoriale che subordina il diritto alla salute alla residenza, causando drammatiche differenze di aspettativa di vita e degradanti viaggi della speranza; la mancanza di riforme organiche nazionali del servizio sanitario che innovando e aggiornando tengano il passo con le straordinarie novità scientifiche e tecnologiche di cui disponiamo, affrontando i cambiamenti demografici e sociali in cui siamo immersi. Per non parlare di Covid e post Covid con tutte le conseguenze sanitarie, sociali economiche. A questo si aggiungono la carenza di personale, l’incremento vertiginoso dei costi di tutte le attività sanitarie”.

Ecco allora le domande che l’Anaao Assomed rimanda al Governo, alle Regioni e alle Istituzioni: “Vogliamo ancora un sistema sanitario pubblico e universalistico finanziato dalla fiscalità generale? Che ruolo deve avere la sanità pubblica nella scala di priorità delle politiche nazionali? Riteniamo che il Servizio Sanitario nazionale sia un bene comune da difendere? O vogliamo optare per un sistema universalistico selettivo? Quanta parte della ricchezza nazionale prodotta ogni anno (PIL) siamo disposti a destinare alla salute delle persone? Il confronto con l’Europa è desolante”.

Per l’Anaao Assomed “è solo una questione di scelte. E i cittadini devono sapere che le decisioni in tema di sanità di chi ci governa avrà inevitabili e pesanti ripercussioni sulle loro tasche”.