Ci aspetta un Natale diverso. Anche se non tutte le misure sono state definite, appare chiaro che ci aspetta un dicembre di restrizioni per evitare che a gennaio si assista ad una nuova ondata di coronavirus. Le parole di Francesco Boccia hanno reso l’idea. Anche Gesù bambino, ha detto il ministro, dovrà adattarsi all’emergenza Covid e “non sarebbe un’eresia farlo nascere due ore prima” il 24 dicembre. Boccia – “da cattolico” – ha usato l’ironia per far capire che il governo non intende deflettere dalla linea della massima prudenza durante le festività.
Anche il premier Conte lo ha detto chiaramente: “Altri sacrifici? E’ necessario, non possiamo abbassare la guardia, gli italiani sono consapevoli che sarà un Natale diverso o ci esponiamo a una terza ondata a gennaio, con il rischio di un alto numero di decessi”. Concetto ribadito da Agostino Miozzo, coordinatore del Cts: “Passare un natale ordinario con il cenone è piuttosto azzardato”.
E un messaggio rassicurante arriva in serata dallo stesso premier Conte che per oggi si attende buone notizie: “Mi aspetto un RT che è arrivato all’1, sarebbe un segnale importante della riduzione del contagio. E mi aspetto anche che molte regioni che ora sono rosse diventino arancioni o gialle. Sarebbe un bel segnale”. Segnale che diverse regioni – dal Piemonte alla Toscana – stanno aspettando.
Al centro delle preoccupazioni dei governatori la scuola e le vacanze sulla neve, con i mancati introiti di quest’ultimo settore a seguito di un’ormai sicura chiusura prolungata degli impianti. Sul primo tema “le regioni unanimemente hanno ritenuto di suggerire al governo di procrastinare al 7 gennaio ogni riapertura della didattica in presenza per chi è ancora oggi in didattica a distanza”, ossia soprattutto le scuole superiori, ha sintetizzato il governatore della Liguria Giovanni Toti, vicepresidente della Conferenza delle Regioni. “Si tratterebbe di una mossa inopportuna in questo momento soprattutto alla vigilia della pausa festiva delle scuole – ha detto Toti – in assenza di un programma di scaglionamento degli ingressi e in assenza di un servizio pubblico che oggi prevede capienza al 50% e andrebbe ritoccata” .
Quanto alle vacanze sulla neve, la questione ha dimensione internazionale, visto che altri Paesi europei confinanti potrebbero decidere di consentirle, attirando così anche i turisti italiani. Di conseguenza alcuni presidenti di Regione avrebbero chiesto al governo di valutare la chiusura delle frontiere in caso di divieto di riapertura degli impianti da sci, ma sempre nel quadro di decisioni europee e non unilaterali, viene sottolineato da fonti della Conferenza delle Regioni. La Germania, presidente di turno del Consiglio dell’Ue, preme perché vi sia un accordo europeo sulla stagione sciistica che, secondo Angela Merkel, non dovrebbe partire.
“Alla luce della posizione austriaca (favorevole all’apertura degli impianti, ndr) è chiaro che non sarà facile, ma noi ci proveremo”, ha affermato oggi la cancelliera tedesca. “La decisione sull’attività sciistica è di competenza nazionale, non europea”, ha comunque ricordato un portavoce della Commissione Ue. Su questo la posizione del governo italiano appare chiara.
“Gli impianti da sci e il sistema vacanze invernali che sono fondamentali per la nostra economia riapriranno quando l’epidemia si sarà raffreddata, speriamo nel giro di un mese, un mese e mezzo – ha detto Boccia in videoconferenza -. I ristori saranno garantiti per tutte le attività che non potranno aprire”.
Intanto il Consiglio di Stato ha confermato in via cautelare l’obbligo delle mascherine per i più piccoli a scuola: con questo decreto monocratico il giudice ha respinto l’istanza dei genitori di alcuni bambini – tra i 6 e gli 11 anni – che chiedevano sospensione dei Dpcm riguardanti l’obbligo di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie nei luoghi al chiuso, per bimbi di età superiore ai sei anni.