Sono passati 34 anni e ancora evochiamo le “notti magiche” di Italia 90. Ora che il tempo va misurato per recupero, forse va aggiornato il conto alla rovescia delle emozioni: le notti magiche di “Italia 98”. O “Italia 90+recupero”, il concetto è lo stesso. Siamo all’Europeo per appello, in secondo grado più che secondi al girone. E’ il destino, ne ha tutte le forme: un attimo prima c’è un Paese sfranto sul divano a ricalcolare la differenza reti che ci separa dal ripescaggio tra le migliori terze, e quello dopo assistiamo al trionfo del last minute. Sale Calafiori, segna Zaccagni, Spalletti parla alla nazione di “qualificazione meritata” e tutti i reati di cui eravamo pronti ad accusarlo, voilà, estinti. Se ne riparla sabato. C’è la Svizzera, sabato.
Nella remissione dei peccati, ognuno aveva dato il suo contributo. A Spalletti avevano indicato tante vie, moduli, traiettorie, formazioni. Persino icone della comunicazione sportiva da sfruttare: alla Sinner, anzi alla Tamberi. Tira, salta. Ma insomma fai gol, che sia Scamacca o Retegui poco importa. Tanto un paragone c’è sempre, lì in dispensa. Zaccagni ha pescato benissimo: alla Del Piero, mentre l’altro partito per lo stesso gesto tecnico evocava il “tiraggiro” di Insigne. I riferimenti costruiscono la mitologia d’ogni edizione: se vinci, la storia è precotta, da scongelare al microonde per nipoti e posteri. Altrimenti, via nell’umido.
C’è un messaggio, quasi una morale, che continuiamo a cogliere a malapena: il “come” è aria fritta, vale il risultato nei secoli dei secoli e amen. Spalletti ha incassato, un occhiolino a destra uno a manca. Ha passato una vigilia ecumenica, dicendo di sì a tutti, ascoltando praticamente solo se stesso. Ha rivoltato la formazione, è andato sotto e ha cambiato le ali, ha sostituto il centravanti. Ha posticipato le mosse pragmatiche che forse meglio s’adattavano alla Spagna, ma alla fine – ma proprio alla fine fine – ce l’ha fatta. Per i feticisti del genere: ripescare la faccia di Modric in panchina mentre Calafiori parte al minuto 97. Pura tv del dolore.
E Spalletti ha sfogato un po’ di tensione su un malcapitato giornalista che l’accusava – lui così l’ha presa – nientemeno che d’aver fatto un “patto” per passare al 3-5-2. E che sarà mai? Niente, infatti pare si sia scusato alle 2 del mattino. Tutto torna, soprattutto l’aria tradizionale del miracolo perpetuo. Porta bene qualificarsi così. Lo sanno tutti. Tocca solo viverla, questa Nazionale un po’ sgarrupata. E scegliere come farsi trasportare: come un sobrio telecronista argentino, o come quello italiano che stava per rimetterci la pelle.