a cura di Bruno Grotto
Di tutte le parole ereditate dal pensiero moderno, libertà è forse la più celebrata, invocata, e allo stesso tempo fraintesa. Dalla Rivoluzione francese alla caduta del Muro di Berlino, dalla primavera araba alle proteste contemporanee, la libertà è stata la bandiera di ogni risveglio collettivo, il vessillo di ogni promessa di futuro. Ma cosa significa oggi essere liberi?
In apparenza, viviamo in un mondo di diritti acquisiti: possiamo votare, viaggiare, comunicare in tempo reale con ogni angolo del globo. Possiamo criticare governi, religioni, istituzioni. Possiamo pensare e di scegliere chi essere, cosa dire, cosa diventare. Ma proprio in questa apparente sovrabbondanza di opzioni si annida una nuova forma di controllo: quella dell’illusione.
La libertà sorvegliata
Nel tempo dei big data, dell’intelligenza artificiale, delle telecamere e della profilazione digitale, ogni nostro gesto è osservato. La privacy – componente essenziale della libertà individuale – è diventata una moneta di scambio: la cediamo in cambio di servizi, comodità apparente e di appartenenza. Non ci vengono imposte sbarre, ma offerte interfacce. Non ci chiudono le bocche, ma ci guidano le dita. Non è più la censura a limitarci, ma l’algoritmo che decide cosa vediamo, chi incontriamo, cosa desideriamo.
La libertà, in questo contesto, non è più un diritto da difendere, ma una narrazione da decostruire.
Libertà di espressione o libertà condizionata?
La cultura del politicamente corretto ha aperto spazi di rispetto e inclusione, ma ha anche creato nuove zone d’ombra. Dove finisce la sensibilità e inizia la censura? Possiamo davvero dire ciò che pensiamo, o siamo educati a pensare ciò che possiamo dire? La libertà di espressione non è in pericolo soltanto quando viene vietata, ma anche quando viene filtrata, edulcorata, resa innocua. La paura non è più del carcere, ma della cancellazione sociale.
Libertà economica e precarietà esistenziale
Anche la libertà di scegliere il proprio destino – altro cardine della modernità – si scontra oggi con una realtà disillusa. In un mondo dove il lavoro è sempre più instabile, dove la casa, la salute, l’istruzione diventano beni di lusso, la libertà perde sostanza. La possibilità di realizzarsi è reale solo per chi può permettersela. E allora si sopravvive, si accetta, si silenzia il desiderio.
La libertà come pratica interiore
Eppure, come insegnava già Seneca, la libertà più profonda non dipende dalle condizioni esterne, ma dalla qualità della nostra consapevolezza. Essere liberi significa prima di tutto sapersi sottrarre: al rumore, alla manipolazione, al consenso passivo. Significa coltivare la solitudine, il dubbio, il pensiero critico. La vera libertà non è concessa: si prende, si difende, si rinnova ogni giorno.
In un’epoca in cui tutto ci invita a consumare, reagire e conformarci, essere liberi è forse l’ultimo atto davvero rivoluzionario.
