Dalla «notte del riscatto, di lacrime e abbracci» al silenzio del giorno dopo. Giorgia Meloni sceglie l’assenza e un profilo basso, poche ore dopo il trionfo del suo partito schizzato in 9 anni dal misero 1,9% del 2013 al 26%. Ma da «sgobbona» come in tanti la descrivono, è già al lavoro sul programma e il governo che probabilmente guiderà. La leader di Fratelli d’Italia, che nella notte tra domenica e lunedì aveva dato appuntamento ai cronisti a un generico «domani», resta invece a casa. E lascia i riflettori ai suoi dirigenti. Sono i capigruppo Luca Ciriani e Francesco Lollobrigida, oltre al responsabile dell’organizzazione del partito, Giovanni Donzelli a commentare il voto e rispondere ai giornalisti. E proprio Lollobrigida sembra dare la linea sulle riforme costituzionali, a partire dal presidenzialismo, ammettendo che «si può provare a migliorare la Costituzione, tenendo conto che è bella ma che ha anche 70 anni di età».
Parole d’ordine: prudenza e responsabilità
A parte il mezzo sprint sulle riforme, parola d’ordine è prudenza e senso di responsabilità. Come la notte prima, nel quartier generale allestito da FdI all’hotel Parco dei Principi di Roma, nel pomeriggio di ieri cambiano solo gli occhi più arrossati per le poche ore di sonno. Non mancano sorrisi e abbracci ma tutti pacati e qualche complimento agli eletti. Come l’ambasciatore Giulio Terzi Sant’Agata, da cui corre a congratularsi Ignazio La Russa. E chissà se oltre all’approdo in Parlamento, per lui stia maturando anche un ruolo alla Farnesina. Nel frattempo Meloni lontana dall’ufficio, alterna telefonate e carte da studiare. Unica pausa, la fuga da casa con occhialoni e cappuccio in testa, per andare a prendere la figlia con la sua Mini. In attesa dei dati dei collegi proporzionali e soprattutto delle decisioni del Quirinale, la leader romana si mette avanti sui dossier più caldi.
Al lavoro sulla squadra di Governo
Un ministero a Salvini ma non il Viminale
Altra poltrona da scegliere è quella degli Esteri. Oltre a Terzi, ad ambirci è pure Antonio Tajani. In subordine, il cordinatore azzurro penserebbe alla presidenza della Camera o potrebbe correre per la Difesa. Del resto, alla luce del sostanziale pareggio nelle urne, FI ricorda che non potrebbe avere meno posti della Lega. In pole per un ministero, potrebbero esserci pure Bernini e Ronzulli. Qualche dissapore non manca con l’ex Carroccio: tanti sono rimasti stupiti, in negativo, dalla conferenza stampa grintosa di Salvini. Voci più maliziose dicono che Giorgia stia trattando con Matteo ma pure con il governatore veneto Luca Zaia, che ammette la performance deludente del partito. Intanto al capitano potrebbero offrire un ministero (ma probabilmente non il Viminale). Erika Stefani invece dovrebbe rimanere in quota Zaia e Giulia Bongiorno sarebbe un altro nome papabile ma non alla Giustizia perchè lì punterebbe Carlo Nordio, in quota FdI.