L’ estromissione di Natalino Balasso dagli spettacoli dello Stabile del Veneto è diventato un caso politico. Dapprima la denuncia fatta dallo stesso attore lo scorso giovedì sulla sua pagina Facebook poi un botta e risposta fra il presidente del Teatro, Giampiero Beltotto, Balasso e l’inserimento nella vicenda del Movimento 5 Stelle, intervenuto nella polemica per bocca del suo principale portavoce veneto Jacopo Berti.
L’oggetto principale del contendere è una presunta censura ai danni di Balasso operata dal presidente del Teatro Beltotto. Già portavoce del presidente di regione Zaia, ergo nomina dal gusto pienamente leghista, Beltotto è accusato da Balasso di un’estromissione dal cartellone artistico di tipo politico. E non lo nasconde. “In pratica il Gazzettino di Treviso – scrive Balasso nel suo social – gli chiede come mai la Bancarotta di Vitaliano Trevisan (scrittore veneto di primo piano) tratta da Goldoni (commediografo veneto di primissimo piano) con Natalino Balasso (attore veneto di primo piano) non sia presente nei cartelloni dello stabile del Veneto. La placida risposta è: “Se non ti piace casa mia, a casa mia non ci vieni”. Notate che a questi qua della Lega non gli frega un ca.. di dire a tutti che si sono impossessati dello stabile del Veneto e che hanno fatto un editto per non farmi lavorare nelle strutture pubbliche del veneto, ma questo m’interessa poco…”. Gli fa eco Berti (M5S), rincarando la dose sempre con una nota dalla sua pagina Facebook accusando Bertotto e schierandosi dalla parte di Balasso: “Giampiero Beltotto, presidente del Teatro stabile del Veneto, ha estromesso uno spettacolo di Balasso dalla programmazione per motivi politici e lo ha anche apertamente dichiarato: “se non ti piace casa mia, tu a casa mia non ci vieni”.

Ma chi è Beltotto?
È l’ex portavoce di Zaia. Evidentemente non ha smesso di essere al servizio di Zaia, come quando era suo portavoce. Ma l’istituzione che presiede non è casa ne’ dell’uno, né dell’altro. Io sto dalla parte di Balasso e di chi dice cose scomode, che ci fanno incazzare magari, ma che ci fanno aprire gli occhi e riflettere”. Per chiudere col botto la nota di Berti si conclude con un’esplicita richiesta di dimissioni: “senza se e senza ma, chi gestisce un’istituzione pubblica come il teatro Stabile del Veneto, non può’ essere al servizio del potere. Se lo è, va buttato fuori”. Ma la risposta per tutti arriva dal presidente Beltotto con un comunicato sul social che prova a mettere un punto a tutte le accuse: “In questo teatro non si operano censure, non si hanno preclusioni ideologiche o di altro tipo. In questo teatro chi fa, fa per conto proprio, mai per conto terzi. Questo teatro è frequentato da gente curiosa, intelligente e operosa. Se uno non ci si trova bene deve rimanere fuori dall’uscio e anche se va cercando qualche centesimo di ricca elemosina non deve sputare sul piatto dove ha mangiato.
Abbiamo in cartellone Veneziani (che con orgoglio abbiamo accolto su questo palcoscenico) e Righetto, Piero Grasso e Paolini, Bugaro e Cescon. Produciamo spettacoli di cultura ambientalista e di cultura religiosa, siamo attenti alla tradizione e al linguaggio del contemporaneo. Facciamo intervenire comici di primo livello e andiamo nelle periferie. Non sarà Balasso, pagato regolarmente e assai profumatamente per tre anni e che nulla dichiara di voler avere a che fare con lo Stabile del Veneto, a farci cambiare idea. E da lui e da quelli come lui non accettiamo lezioni”.

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