La meccanica, settore trainante del tessuto industriale dell’Alto Vicentino, è tra quelli che più soffrono l’attuale difficile congiuntura economica che sta rallentando la manifattura nazionale ed europea. Domanda nazionale e internazionale contratta, produzione in calo da oltre un anno, portafogli ordini in sofferenza, prospettive di ripresa incertissime. E costi energetici ancora molto elevati, soprattutto per l’Italia a confronto con i principali Paesi industriali europei e ancora più a confronto con le due grandi potenze economiche mondiali Cina e Stati Uniti.
Le difficoltà della manifattura, specialmente per la meccanica, si sono palesate con grande evidenza non solo nei numeri dell’analisi congiunturale, ma anche nelle dichiarazioni pubbliche così come nelle conversazioni tra gli imprenditori in platea in occasione dell’Assemblea generale provinciale 2024 di Confindustria Vicenza tenutasi il 4 ottobre a Trissino. Intitolata, non a caso, “Industria Ultima Chiamata”. Cioè un appello fortissimo alle istituzioni, italiane e Ue, a cambiare registro. Soprattutto sul Green Deal per la transizione energetica e ambientale, che così non va perché rischia di affossare definitivamente la competitività della manifattura nazionale ed europea.
La situazione per la zona dell’Alto Vicentino la tratteggia Silvia Marta, presidente del relativo Raggruppamento di Confindustria Vicenza: «Sono in difficoltà meccanica e meccatronica per il forte rallentamento dei mercati, quelli esteri ancora più di quello nazionale. In particolare si risente molto della situazione negativa della Germania. Soffrono di più i componentisti che fanno grandi volumi di prodotti standard, e soprattutto tra le grandi aziende aumentano le richieste di cassa integrazione. Mentre chi fa produzioni customizzate e speciali riesce ancora a lavorare bene. In Italia, poi, sinora le misure di Industria 5.0 per favorire gli investimenti in tecnologie per la transizione energetica e digitale non hanno minimamente replicato i risultati di Industria 4.0. È in difficoltà anche il tessile-abbigliamento – aggiunge Marta, che è amministratore delegato di Siggi Group di San Vito di Leguzzano che produce indumenti da lavoro – e sono in piena recessione i settori del packaging e della grafica. Mentre l’alimentare ha il problema del costo delle materie prime a causa dei problemi climatici che colpiscono i raccolti in varie parti del mondo. Si salvano i settori della farmaceutica e alcune nicchie, come per esempio il pet food».
Le imprese vicentine sentono molto il forte rallentamento dell’economia tedesca. A partire dalle subforniture meccaniche per automotive, elettrodomestici, macchinari. «Non ce la faccio a festeggiare il fatto che il nostro PIL, che non cresce nemmeno dell’1%, performa meglio di quello della Germania. Non è una partita di calcio, non è una sfida che se perdi tu, vinco io», ha dichiarato nella sua relazione dal palco la presidente di Confindustria Vicenza, Laura Dalla Vecchia. «Nel 2023 Vicenza ha avuto, con la Germania, una bilancia commerciale positiva per oltre un miliardo di euro, esportandone 2,7. Nei primi 6 mesi di quest’anno, l’export verso la Germania è calato a 2 cifre: -12%. Il commercio internazionale – ha proseguito Della Vecchia, imprenditrice presidente dell’azienda scledense Polidoro Spa che produce bruciatori a gas e scambiatori di calore – anche è in frenata e i modelli di business che su essi traggono prosperità sono in pericolo. Ma è la bilancia commerciale positiva con l’estero che tiene in piedi i conti pubblici d’Italia, che regge il nostro, stato sociale: la sanità, la scuola, le infrastrutture, per non parlare della spesa e dei mutui con cui ognuno ha a che fare tutti i giorni».
Da qui l’appello di Dalla Vecchia a tutelare gli interessi dell’industria in Europa facendo squadra: «Eventualmente l’avversario sta fuori, di là dal confine blu con le stellette. L’Europa ha bisogno di un’inversione di marcia decisa. La BCE, riducendo il tasso d’interesse, ha già iniziato a dare un timido esempio, anche se con ritardo. Questo è cruciale per incentivare gli investimenti. Ora è il turno della Commissione europea, che finora ha causato molti danni e rischia di causarne ancora se non interviene con prontezza. In primis sul Green Deal».
Federico Piazza