“Da me stessa mi aspetto la voglia di continuare a crescere. Con la capacità di crescere si arriva agli obiettivi”. E’ questa la missione di vita di Nicole Pizzato, classe 1980 di Piovene Rocchette, quarta di cinque figli, nata a Vicenza e trasferita in Svizzera con la famiglia all’età di 5 anni. Promessa della pallavolo, gioca nel Chiasso nella categoria Juniores C e B e per entrambe vince due campionati svizzeri, successivamente gioca anche nel Torri di Arcugnano e Torri di Quartesolo.
Nel giro di un anno dalla nascita del suo blog “NickyLove“, la sua carriera è schizzata alle stelle. Oggi vanta 172mila follower su Instagram, è l’ideatrice degli hashtag #mammablogger #madeinveneto ha collaborato con brand prestigiosi, facendosi conoscere sia in Italia che all’estero, raggiungendo con il suo blog 7 milioni di visualizzazioni, con
Chi è Nicole Pizzato
Mamma di Ginevra di 10 anni, Nicole ha un passato costellato da successi sudati ma anche da eventi traumatici, che hanno rafforzato il suo carattere e motivato sempre di più la sua missione. A 16 anni gli importanti ingaggi da modella provano a distoglierla da ciò che accade in famiglia, vicissitudini legali legate al padre che la portano oggi a riassumere il tutto nel suo terzo libro, in uscita a breve. Il suo primo libro invece, “Luce nel buio. La storia di Clo”, è l’unione tra un’intervista che la Pizzato fece ad una donna matura, la quale in gioventù subì abusi sessuali che la portarono di conseguenza a soffrire di attacchi di panico, e il periodo difficile che l’autrice affrontò: “In quegli anni parlare di attacchi di panico era un altro dei tanti tabù in Italia. Ha colpito anche me. Sono entrata in una crisi profonda. Mi sono rivolta ad un professionista, uno psicologo che però non mi ha aiutata davvero. Mi ha solo riempito di farmaci senza andare in profondità. E’ giusto affidarsi a dei professionisti ma credo si debba stare attenti e non affidare tutto il compito di riabilitazione ai farmaci”. A 18 anni Nicole torna in Veneto, e si ritrova in un mondo diverso, quasi antiquato. Non riconoscono la sua quarta media come prima media, nonostante avesse dimostrato di avere nozioni anche pratiche: “In Svizzera mi hanno insegnato anche a cucire, stirare, cucinare, so come si sega un albero. Arrivata in Italia ho dovuto rifare tutto daccapo, burocrazia troppo lenta e obsoleta. L’Italia è troppo legata al passato, ha una mentalità antica, completamente diversa dalla Svizzera. Quello che è ovvio in Svizzera viene messo ancora oggi in discussione in Italia, come il buttare ad esempio rifiuti a terra. L’italiano ha paura della diversità ma sono sicura che continuando a lavorarci, le nuove generazioni sapranno essere più inclusive”.
I suoi traumi diventano punti di forza
Ma come una fenice, Nicole risorge dalle sue ceneri, e delle sue cicatrici ne fa un vanto di crescita personale e professionale. Diventa mamma di Ginevra nel 2012 e, per conciliare il suo lavoro nell’ambiente della moda con la maternità, nel 2013 apre il blog “Nicky Love” che l’anno successivo diventa un vero business. Il post sul suo drammatico parto raggiunge visualizzazioni da capogiro che la spinge in alto, trasformandola nell’imprenditrice di oggi. Da lì in poi, il successo è in discesa: tutti la vogliono, a Milano avvia diversi progetti nel mondo della maternità, dai passeggini Stokke a Pitti bimbo, collabora con brand importanti, diventa fashon blogger di Vogue Bimbo, nel 2016 viene selezionata dall’ufficio stampa di New York e finisce tra le 50 influencer più importanti del mondo. Diventa ambasciatrice di diversi progetti, collaborazioni con Disney e nel beauty con VanityFair, Glamour grazie al suo stile unico, alla sua semplicità di mamma che riesce comunque a mantenere il suo essere elegante. Include nel suo business anche sua figlia Ginevra e sposa il pensiero di insegnare ai bambini a ‘come’ stare sui social, come mettere i propri figli sul web: “Ricordate che siete i genitori, dovete proteggerli spiegando loro come usare il web. Anche postare una foto su Facebook o Whatsapp è un passaggio di immagine di vostro figlio. Personalmente chiedo sempre a mia figlia se vuole comparire e come. Nel mio lavoro è importante avere uno scopo ben preciso che sia costruttivo, ci deve essere un progetto di base. Ad oggi gli italiani non sanno bene che lavoro faccio, etichettano come ‘influencer’ e sminuiscono un lavoro che invece è redazionale e imprenditoriale. Come tutti i progetti che porto avanti, hanno bisogno di approvazioni da parte del cliente, di foto professionali e tutto è curato nei minimi dettagli sia come comunicazione che materiale. La gente non capisce che tutti siamo influencer, tutti influenziamo chi abbiamo attorno, io ci ho solo creato un business”. E alla domanda ‘Cosa ti aspetti ora da te stessa’, lei risponde: “Di mettermi sempre in gioco, ed è ciò che consiglio anche a tutte le donne e mamme. Di raggiungere un obiettivo e avere l’umiltà di ripartire da zero, per affrontare scalza la prossima sfida. Mi aspetto di fare qualcosa che venga ricordato, non per me ma per mia figlia, per le generazioni future. Perché credo che ognuno di noi venga al mondo con una missione specifica. E io voglio realizzarla”.
Laura San Brunone
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