La sua vita dipende dall’energia elettrica, basta un blackout e il suo cuore si ferma. Una condizione rara che la destabilizza non solo fisicamente ma anche psicologicamente. E’ la storia di Paola Fontana, 58 anni, di Poleo che, da novembre 2022 è tenuta in vita grazie ad un dispositivo inserito nel suo cuore che non funziona più. Vive dipendente dall’elettricità, da mesi non fa una doccia perché ha un cavo elettrico che le esce da sotto lo sterno, all’altezza dello stomaco, attaccato ad una pompa meccanica che funziona al posto del suo cuore, ed è a carica elettrica. Inoltre ogni 3 giorni alla settimana si reca a Santorso per l’emodialisi, dalle 13 alle 19. “Non ho più aspettative, ogni giorno cerco di trovare la motivazione per andare avanti, penso al presente.
Questa per me non è vita.” Si sfoga Paola, cerca le parole che non si palesano davanti ad una sorte che è stata ingiusta con lei e, ad aggravare la sua condizione, ci pensa lo Stato Italiano. Sì, perché Paola vive grazie ad una batteria di oltre 3kg che deve ogni giorno portare con sé, sperando nei 41 kg del suo peso, che deve attaccare alla corrente di casa ogni giorno. Peccato che, da quando il 14 febbraio 2023 è tornata a casa dall’ospedale, dopo 5 mesi di degenza, si è trovata ad affrontare anche le spese di una bolletta della luce che lievitava sempre di più. L’inghippo si troverebbe nei moduli non
La vicenda
Per otto anni Paola ha lavorato assunta come categoria protetta, in quanto aveva avuto già precedenti a livello cardiaco che però erano sotto controllo. Non doveva sollevare pesi ma, per non creare problemi, ha accettato l’incarico di scaricare merci. Questa attività, a detta della famiglia Fontana, l’ha portata a peggiorare la situazione: “Non volevo perdere il mio lavoro, mi sentivo in dovere di fare tutto il possibile a discapito della mia salute. Mi piaceva il mio lavoro, sono sempre stata una donna attiva e brava nelle attività manuali. Facevo tutto per non pesare all’azienda, ma ho comunque perso il posto perché ho superato i 180 giorni di malattia” spiega affranta Paola. Il 3 gennaio 2022 inizia la mutua a seguito di un primo ricovero, impianto di defibrillatore a maggio 2022, qualche mese a casa per poi tornare a star male, fino al 21 settembre 2022 quando è stata vista dalla commissione medica Inps che le ha certificato non solo un abbassamento di percentuale del rischio, ma che addirittura era in via di guarigione e idonea al lavoro. Due giorni dopo Paola è entrata in rianimazione e ne è uscita 5 mesi dopo con un cuore meccanico, esterno al suo colpo e dializzata. L’11 ottobre con l’ambulanza è stata trasferita a Verona, dove è rimasta per 45 giorni, fino all’operazione a novembre, in condizioni tragiche e soffrendo davvero molto. Oltre al danno, la beffa: la legge permette delle agevolazioni su pazienti che usano apparecchi medicali a corrente, riconosciuti ad esempio per chi ha la SLA, fibrosi cistica, chi ha bisogno di supporto per respirare, ma il VAD, il cuore meccanico che ha Paola, è moderno e Asl 7 non ha aggiornato il modello, non includendo questa dicitura. Quindi, anche se il suo cuore ‘va a corrente elettrica’ e di conseguenza, le sue fatture sono aumentate, Paola non può avvalersi delle agevolazioni economiche previste per le bollette della corrente elettrica. Senza elettricità Paola è morta. Oltre a tutto questo, il suo compagno, Riccardo, racconta di un iter burocratico infinito e incerto che gli è costato tempo e denaro: “Mi sono accorto subito che la bolletta della luce è aumentata. Tra alimentatore e caricabatterie, anche solo 100wh sono 2kW al giorno e 60kW al mese. Ho perso 5 mesi di lavoro, consumato 400 ore di ferie e 200km di benzina al giorno per andare da lei, 15mila km in tre mesi, il mio stipendio mangiato in 5 mesi e 400€ di farmaci. Ufficialmente ho fatto richiesta mercoledì scorso al distretto, l’impiegata mi ha detto di parlare con il medico, perché pare siano moduli antecedenti al VAD. Una vergogna.
Laura San Brunone
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