Dopo l’attesa intervista a Edith BruckFabio Fazio ha incontrato anche Liliana Segre alla vigilia della Giornata della Memoria. La senatrice a vita è intervenuta a Che tempo che fa in un colloquio registrato per via dei numerosi impegni di questi giorni. Tanti i temi toccati ricordando i giorni bui dell’Olocausto e quelli dell’odio antisemita ancora oggi vivo.
“Quando è stata istituita la Giornata della Memoria- ha spiegato Segre- in realtà è stata un’apertura verso il passato, ma è sempre sembrato riguardare quello che è successo dalla parte delle vittime. In realtà io, e molti altri come me, abbiamo sempre sentito il significato della Giornata della Memoria per chi vittima non è stata, perché ci si ricordi di quella data memorabile della liberazione del campo di Auschwitz come una data da ricordare. Prima non c’era e da quel giorno ci sono state iniziative, discorsi, testimonianze per ricordare una giornata particolare”.
L’ANTISEMITISMO
“L’antisemitismo- ha affermato- c’è sempre stato, purtroppo io da quando ero bambina l’ho dovuto incontrare con le conseguenze. Dopo la guerra erano successe così tante cose che si fingevano o erano, questo è da decidere, tutti amici degli ebrei. Poi man mano, io l’ho sempre sentito l’antisemitismo”.
E è arrivato anche chi prometteva di concretizzare l’odio: “Nel 2018 cominciò la scorta, la Ministra dell’Interno di allora che era Luciana Lamorgese mi disse: ‘Non te lo chiedo, da domani hai la scorta’ perché già allora avevo minacce, odiatori… Ma chi sono questi personaggi? Non riesco bene a definirli“.
GLI INSULTI: “NON HO PAURA”
In questi giorni sono circolate varie notizie di insulti antisemiti all’annuncio della proiezione del docufilm su Liliana diretto da Ruggero Gabbai. “Devo dire la verità, io non ho paura perché sono diventata così vecchia– ha spiegato la 94enne-. Avevo molta paura quando ero bambina. Quando ero bambina ho cominciato a quel tempo ad avere molta paura. Poi man mano che le cose mi sono capitate, c’è stata una ragione importantissima, etica, morale che era l’amore grande che io avevo ricevuto da bambina. E quando uno è stato amato nella vita ha uno scudo davanti a sé, che non è visibile, ma che ti protegge per tutta la vita“.
IL RICORDO DELLA SHOAH
I nostri persecutori– ha ricordato Segre- erano terribilmente severi e uccidevano quelle che non potevano camminare. Eravamo ridotte a un punto che anche quando un’altra poveretta cadeva e veniva uccisa il pensiero era: ‘Io ce la devo fare, devo camminare’. Non mi voltavo a guardare“.
“Io imparai lì, dato che volevo vivere, a mettere, con sacrificio enorme, con fatica, con desiderio di vita, una gamba davanti all’altra. Il significato di quella marcia è il significato della scelta di vita davanti alla morte, che non mi abbandona mai, neanche adesso che sono così vecchia”, ha rivelato.
Poi un altro aneddoto: “Di colpo venne dato ordine, mentre stavamo lavorando, di uscire in un orario che non era certo quello della fine del turno. Cominciammo, senza neanche sapere perché, quella che fu chiamata poi ‘la marcia della morte’. Fu chiamata così perché durò mesi, praticamente fino alla fine di aprile, ai primi di maggio, attraverso la Germania”, ha spiegato.
IL FUTURO DELLA MEMORIA
Sul futuro della memoria ha dichiarato: “Purtroppo sono molto pessimista. Il pessimismo aumenta in un tempo come quello di oggi quando nessuno più studia storia, geografia. Quando nessuno si toglie da quel telefonino per pensare. Allora senza cultura, senza morale e senza pensare a se stessi come un ente eccezionale che è ognuno di noi, non si può che essere pessimisti. Quando tutti ormai saremo morti, noi sopravvissuti ormai siamo pochissimi, i nostri diretti eredi e i bravi insegnanti ricorderanno per un po’, poi ci sarà una riga in un libro di storia e poi più neanche quella
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