Tra il 1978 e il 2022 il numero totale di aborti effettuati in Italia è di 5.987.323, di cui 64.703 nell’ultimo anno rilevato, in cui è stato interrotto il 13% delle gravidanze contro il 12,5% del 2021. È quanto si apprende dal terzo ‘Rapporto sui costi dell’aborto indotto e i suoi effetti sulla salute delle donne’, presentato dall’Opa, l’Osservatorio parlamentare sull’aborto.
Lo studio di quest’anno, intitolato ‘Tra clandestinità e indifferenza’, vede una sensibile diminuzione annuale delle interruzioni volontarie di gravidanza nel lungo periodo che, secondo l’Opa, “è dovuta in misura significativa al declino della popolazione femminile in età fertile, all’invecchiamento della popolazione e al calo delle nascite”. Il tasso di abortività totale, secondo i dati Istat, è in crescita, e nel 2022 raggiunge le 206 donne su 1.000. Inoltre, nel rapporto “viene confutata la tesi secondo la quale l’elevata percentuale degli operatori sanitari che esercitano l’obiezione di coscienza ostacolerebbe il diritto di aborto delle donne”.
Dopo 44 anni di applicazione della legge, commenta l’Osservatorio, “ancora oggi l’aborto volontario è un problema sociale rilevante. Anche perché è evidente che, contrariamente a quanto dichiarato nell’articolo 1 della legge 194, è stato e viene usato come ordinario mezzo di controllo delle nascite e non come extrema ratio in casi drammatici”. Il dato, si legge nello studio, è “ancor più allarmante” se al numero degli aborti ufficiali si aggiungono gli aborti clandestini e quelli che l’Opa chiama “criptoaborti causati dalle pillole post-coitali”.
Il numero ufficiale corretto, tenendo conto dell’impiego della contraccezione di emergenza mostra, secondo il rapporto, “una complessiva crescita dell’abortività volontaria negli ultimi anni. Per quanto riguarda gli aborti clandestini, non solo non sono stati eliminati dalla legalizzazione del 1978, ma sono incrementati dall’uso di sostanze ‘off label’ che provocano l’aborto. Tale pratica è sempre più in voga, soprattutto tra le giovanissime e purtroppo è in qualche modo incentivata dalla propaganda tesa alla promozione planetaria dell’aborto fai-da-te fuori dall’ambiente ospedaliero protetto”.
Considerati questi numeri, il costo cumulato dell’aborto legale in Italia aggiornato fino alla fine del 2022 è secondo l’Opa di 7 miliardi e 290 milioni di euro. L’Osservatorio stima che “un fondo destinato ad impieghi produttivi nel quale, nel corso dei 44 anni considerati, fosse stata accumulata ogni anno una cifra corrispondente alle spese abortive sostenute, oggi ammonterebbe a 16 miliardi e 616 milioni di euro (prezzi 2022).
Nel 2022 la legge 194 ha comportato un costo complessivo di poco più di 56 milioni di euro, in lieve crescita (+1,3%) rispetto all’anno precedente. Considerando, però, anche il prezzo al dettaglio delle pillole post-coitali, si può stimare un costo aggiuntivo per l’anno 2022 di quasi 15,7 milioni di euro, una cifra pari al 31% del costo di applicazione stimato in base ai dati ufficiali (stima media) per lo stesso anno. Tale costo è tuttora per la gran parte a carico della spesa privata”. La distribuzione gratuita delle pillole post-coitali come contraccettivi, recentemente proposta, secondo l’Opa “potrebbe essere considerata a tutti gli effetti un costo di applicazione della 194”.
Anche questo terzo Rapporto tiene conto delle complicazioni post-aborto. Si è calcolato cioè il tasso di incidenza degli eventi avversi che risulta dall’elaborazione su dati provenienti dalle schede di dimissione ospedaliera forniti da alcune Regioni, analiticamente per ciascun anno dell’intero periodo 2010-2020.
“Se l’aumentata incidenza dell’aborto chimico diminuisce progressivamente il costo medio per singolo aborto, che passa da 907 a 856 euro- si legge nello studio- risulta però evidente che l’aborto farmacologico genera un maggior costo per le complicazioni rispetto all’aborto chirurgico. La quota dei costi per le complicazioni, infatti, cresce nei tre anni passando da 5,5 a 6,4 milioni di euro, raggiungendo una quota dell’11,4% sul totale”.