Ha cominciato a vendere frutta e verdura come ambulante per caso, nel 1980. Dal suo sorriso si direbbe che è un montanaro pacioccone, cresciuto in canottiera sulle rive dell’Astico a caccia di trote e marsoni. Ma dopo 5 minuti di un suo monologo, le parole diventano taglienti come lame e i concetti talmente profondi che ti verrebbe voglia di metterlo in Parlamento.
Luciano Pesavento, dopo aver girato le montagne della valle dell’Astico senza orari e senza soste sognando di far parte del Trentino, ha capito una cosa: “Non siamo negozi di vicinato, abbiamo una vera e propria funzione sociale”.
Luciano Pesavento, fare il fruttivendolo a Valdastico è più faticoso o più divertente?
Ho iniziato a fare questo lavoro non per soldi, ma per passione. Non ce la facevo più di stare in fabbrica e quando l’ambulante che aiutavo il sabato ha smesso, ho rilevato camion e ortaggi e mi sono messo in moto. Era il 1980 e avevo 22 anni. Non avevo orari e mia mamma si alzava ogni mattina alle 4 per prepararmi la colazione e mi aspettava a mezzanotte con la cena calda.
Com’è cambiata la vita dell’ambulante da allora a oggi e come fa lei a difendersi commercialmente?
Anni fa ci trovavamo in 12 o 13 a Lavarone, che era il centro principale del nostro giro. C’erano camion di cibo, lustratori, arrotini, si vendevano lane e filati. Ora è tutto usa e getta e a Lavarone oggi ci sono solo io. Il mercato è cambiato in tutti i sensi, non solo per gli ambulanti, ma anche per i negozi di vicinato, soprattutto nei paesi come Valdastico. Una volta le persone venivano nei ‘loro’ negozi, ora prendono l’auto e vanno in ‘città’, nella grande distribuzione. Io tengo i prezzi della grande distribuzione e la qualità di un negozio. Non c’è niente da fare, la gente oggi vuole le cose belle, buone e che abbiano un prezzo competitivo.
Molti esercenti si lamentano di tasse e burocrazia, vale anche per lei o avete dei privilegi?
Nessun privilegio, anzi. La burocrazia uccide tutti, anche noi. Chi fa le leggi e stabilisce i parametri della burocrazia non sa cosa significa lavorare. Una volta ho preso una super multa perché non avevo messo la rete nell’uva e una volta perché invece di scrivere Argentina in un’etichetta ho scritto Perù. Chiunque, tranne quel vigile, avrebbe capito che era una svista. Io non voglio privilegi, vorrei solo che chi fa le leggi sapesse il valore del lavoro e del danaro, in modo da costruire una burocrazia pertinente con la situazione di oggi.
Che cosa vuol dire?
Gli statali, i politici, i burocrati e tutti quelli che legiferano, sono persone che hanno sempre visto lo stipendio cadere dal cielo. I soldi hanno valore, nascono dal sudore e dalla fatica e la gente deve smettere di assecondare vizi e capricci. A volte devo buttare (nel senso di regalare) frutta e verdura ottime solo perché non sono ‘belle’, ma a me sono costate lavoro e fatica. Mi sono alzato alle 4 per andare ad acquistarle e poi lavoro tutto il giorno per venderle. Una volta una signora voleva coste e melanzane tutte della stessa misura. A un certo punto mi sono scocciato e le ho chiesto ‘lei signora che lavoro fa?’ Così, giusto perché volevo capire quanta fatica le costava il suo stipendio. C’è tanta gente meravigliosa, ma ci sono troppe persone viziate che rovinano la magia della vita.
Lei ha lavorato come operaio e come ambulante. E’ una vita dura. Che cosa ha imparato?
Ho imparato che chi è abituato a lavorare non sbraita reclamando diritti. Lavora e si arrangia anche nelle avversità, senza chiedere niente a nessuno. Difendo strenuamente
gli operai e critico i moltissimi statali che ricevono lo stipendio spesso senza sapere da dove arriva. I soldi per i loro stipendi arrivano da quelli che lavorano tutto il giorno come me senza lamentarsi ma rimboccandosi le maniche e pagando le tasse. Però ammetto che se tornassi indietro e dovessi dare un consiglio professionale alle mie figlie, direi loro di fare le statali. A Roma i politici rubano senza sensi di colpa, ma non li vedono i bambini che non hanno da mangiare o i genitori che non posso pagare le spese del medico?
Quella smorfia di tristezza quando paragona Trentino Alto Adige e Veneto che cosa nasconde?
Sono 2 regioni confinanti, ma c’è un oceano di mezzo. In Trentino ogni paese ha per regolamento il suo panificio, la sua cooperativa e i servizi base, necessari per tenere in vita il paese stesso. La Provincia concede delle sovvenzioni per aiutare gli esercenti a tenere aperta la loro attività. Non si fanno soldi, ma si tengono aperti servizi fondamentali e ci si mantiene. Ad attività come la mia lo stato dovrebbe dare soldi per permetterci di andare avanti e invece concedono servizi dove non servono e tagliano là dove sarebbe fondamentale un aiuto per sostenere l’economia locale. Sono nauseato dal sistema, il paese è regolato da leggi e persone che non sono assolutamente concrete. Se fossi giovane me ne andrei dall’Italia senza pensarci su.
Valdastico era una zona di segherie importante, oggi com’è?
Mio nonno aveva costruito la prima segheria ad acqua, oggi non ci sono più segherie. La politica non ha salvato l’economia del territorio. Quando ‘regnavano’ i vecchi della valle, l’economia prosperava anche se nessuno aveva una laurea in tasca. Oggi, che ci sono fior fiore di ingegneri che studiano, analizzano e contabilizzano la terra e i boschi, l’economia è crollata e non si può più fare niente. Dirò di più, anche a costo di creare inimicizie: ai tempi di Mussolini il territorio era curatissimo e sfruttato nel modo corretto. I vecchi conoscevano la loro terra, le loro montagne e tutti i trucchi del mestiere, perché erano abituati ad arrangiarsi. Ponte Maso è stato costruito da 3 persone non istruite. Poi sono arrivate la scienza e la politica moderna ed è crollato tutto. I nostri vecchi non avevano tanti titoli, ma a modo loro erano tutti ingegneri.
Lei viene da una famiglia solida. Da una vita di lavoro…..
Quando mia mamma si è ammalata, mio papà era in sedia a rotelle e per aiutarla con le pulizie si è inventato una scopa con un gancio, così poteva pulire anche lui e aiutarla. Bisogna imparare a dare il giusto valore alla salute e all’amore.
Essere un ambulante che parte tutte le mattine da Valdastico e si gira le montagne in camion, che cosa significa?
Significa spendere un sacco di soldi per manutenere il camion e pregare che non si rompa mentre sei nella neve in qualche frazione persa tra i monti. Significa dare ai vecchietti dei paesini un motivo per lavarsi, vestirsi e uscire di casa. Significa sorridere quando li vedi arrancare verso di te e gioire quando ti portano i biscotti fatti in casa o i guanti fatti ai ferri perché mi hanno visto le mani screpolate.
Lei ha negozio e camion, preferisce fare l’ambulante o stare in bottega?
Preferisco stare sul camion, all’aria aperta. Sono uno spirito libero e amo i miei ‘nonnini’ che ogni mattina mi aspettano nelle varie fermate. Se tardo, soprattutto in inverno, mi telefonano per sapere se ho fatto un incidente o se sono malato e molti vengono anche solo per comperare una mela. Mi dicono ‘Luciano, se non passi tu da queste parti non abbiamo motivo di uscire e rimaniamo chiusi in casa’. Sono innamorato dei miei nonnetti, che cosa faranno quando io vado in pensione?
Lei mi ha detto che è arrivato alla fine della sua vita professionale. Che cosa ha capito?
E’ vero, tra poco vado in pensione dopo una vita intera di lavoro senza orari e senza aver potuto realizzare il sogno di acquistare una casa a Thiene per facilitare la vita delle mie figlie. Quando mi fermo a riflettere ho capito una cosa: lavorare è sbagliato. E’ meglio godersi la vita.
Anna Bianchini