“Per quanto di mia competenza, sono pronto a raccogliere le istanze di Cia, che in questi giorni, ha manifestato davanti a tutte le Prefetture del Veneto contro i rincari folli dell’energia e delle materie prime agricole”. Così il Consigliere regionale Arturo Lorenzoni (Gruppo misto) che ricorda: “Il mese scorso sono intervenuto nel corso delle assemblee di Cia Padova e Cia Veneto e sostengo le richieste avanzate dal settore del primario: servono risposte strutturali, non solo d’emergenza, per far fronte alla crisi attuale. Anche il mondo dell’agricoltura, come d’altronde tanti altri comparti, sta vivendo sfide di grande portata in contesto di crescita incontrollata dei prezzi delle materie prime e con la necessità di adeguare le proprie produzioni a un mercato in trasformazione. Resta centrale il tema dell’utilizzo dei terreni agricoli per la produzione di energia da fonti rinnovabili: serve grande equilibrio e visione senza porre divieti con dei no a priori. Piuttosto, tutelando l’attività caratteristica delle imprese con l’integrazione tra la produzione di energia e di prodotti della terra”.
“Pure nella produzione di biometano – prosegue il Consigliere – il mondo agricolo può fornire delle risposte molto più veloci e affidabili rispetto a quelle del settore degli idrocarburi nazionali. Con una producibilità vicina ai 10 miliardi di metri cubi di metano, il primario ha la possibilità di coprire fino al 15% della domanda nazionale di gas. Superiore, e di molto, rispetto al potenziale dei campi di idrocarburi nel mare Adriatico”.
“Ci auguriamo – conclude Lorenzoni – che le imprese possano essere sostenute nell’affrontare questa trasformazione, tenendo fisso l’obiettivo della sostenibilità ambientale e soprattutto economica dell’attività del comparto agroalimentare”.
A rischio allevamenti
Sono a rischio migliaia di allevamenti italiani, nonché oltre tremila realtà sparse per il Veneto, fiore all’occhiello del settore primario, che stanno già pagando un costo altissimo per la crisi energetica e per la guerra in Ucraina, a causa di nuove scelte della Commissione europea che compromettono la capacità di approvvigionamento nazionale del Paese, già deficitario per carne e latte. È quanto afferma Coldiretti in riferimento alle anticipazioni della proposta della Commissione UE per la revisione della Direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (IED), per la prevenzione e riduzione dell’inquinamento attesa per martedì 5 aprile.
“Le bozze attuali – denuncia la Coldiretti – allargano una serie di pesanti oneri burocratici ad un maggior numero di aziende zootecniche ed aggiungono all’ambito di applicazione il settore delle produzioni bovine, che prima era escluso. Una scelta inaccettabile, che rischia di condannare alla chiusura tantissimi allevamenti, con un nuovo carico di burocrazia, che fa aumentare i costi del sistema zootecnico”.
Il presidente nazionale Coldiretti, Ettore Prandini sottolinea: “Ho già sollecitato personalmente i Commissari Wojciechowski e Gentiloni, oltre ai parlamentari europei italiani delle commissioni ambiente, industria ed agricoltura, affinché venga modificata una decisione che rappresenta un attacco al sistema allevatoriale europeo. In un momento in cui è sempre più evidente la necessità di puntare sulla sicurezza alimentare e sull’autosufficienza, a Bruxelles si rischiano di fare scelte che aprono la strada alla carne sintetica. Non dobbiamo dimenticare che la carne italiana nasce da un sistema di allevamento che per sicurezza, sostenibilità e qualità non ha eguali al mondo, consolidato anche grazie ad iniziative di valorizzazione messe in campo dagli allevatori, con l’adozione di forme di alimentazione controllata, disciplinari di allevamento restrittivi, sistemi di rintracciabilità elettronica e forme di vendita diretta della carne”.
Il rischio che stiamo correndo è altissimo. “Le nuove scelte Ue – conclude Coldiretti – apriranno le porte alle importazioni di carne da paesi terzi, che spesso garantiscono minori standard di sicurezza alimentare e maggiori impatti ambientali di quelli europei. Difendere la carne Made in Italy significa anche sostenere un sistema fatto di animali, di prati per il foraggio e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni, anche in aree difficili”. L’Italia dipende già dall’estero per il 16% del latte consumato, il 49% della carne bovina e il 38% di quella di maiale secondo l’analisi del Centro Studi Divulga