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Passepartout

Visita a due, tre cantine al giorno. Alimento la passione del bere con annuali trasferte d’oltralpe.  Con me, sparuti e variopinti amici accumunati dalla voglia di evasione. Deliberatamente girovaghiamo di caneva in cave con l’ambizione di placare la sete di cultura del bere.

 

La passione del vino rende alcune discussioni perfino serie, anche all’interno di qualche gran cru violato per un improvvisato pic-nic a base di sopressa e Vespaiolo di casa.

Lavoro, famiglia ed impegni sono oltre il confine; quello che divide il dovere dal piacere; il piacere di  stare insieme, di assaggiare del buon vino, di parlare, di scherzare, ridere.

Mentre giriamo per le rue del piccolo centro di Chablis alla ricerca della prima cantina del giorno, attorno, le vigne, piangono linfa dai tralci e rigonfiano le cotonose gemme nell’incipiente germogliamento. Uno stretto portone ci immette in una corte dove si affaccia una secolare casa con attigua cantina. Vincent, famoso e straordinario interprete dello Chardonnay ci accoglie con una formale e fredda stretta di mano. Silenzioso, svogliato in una routine, ci squadra, ci conta e procura una adeguato numero di bicchieri. Scendiamo in cantina. Umida, profuma di vino e di botti. Il volto, in pietra accenta ordinate file di barriques.

Vincent versa un primo vino: Petit Chablis, poi un secondo: Chablis, poi il Vaillon 2010 un Premier cru. Attende commenti nel nostro incerto ed approssimativo francese. Li ascolta ma lascia la replica ad un imbarazzante silenzio, uno sbuffo, al più ad un ermetico “peut-être”.

I vini sono suggestivi, precisi, rigorosamente composti ed impeccabili nella tipologica, ma non riescono a catalizzare empatia tra noi ed il vigneron.

Quando la degustazione delle bottiglie preparate sopra una botte sta per finire, intuiamo che è il momento appropriato per il rituale omaggio di ringraziamento di fine visita: un pregiato cuneo di Parmigiano e una bottiglia di Torcolato.

Vincent un po’ sorpreso apprezza il noto Parmigiano e chiede notizie sul Torcolato. Con un orgoglioso campanilismo, narriamo ora a ruoli invertiti il nostro vino vessillo e nell’elegante idioma francese le sue doti appaiono ancor più aggraziate e raffinate tanto da smuoverci anche un impolverato orgoglio nazionale. Vincent incuriosito stappa, assaggia. Trattiene il vino in bocca per molti istanti roteandolo e inspirandoci aria, poi sentenzia una velocissima raffica di aggettivi e giudizi per noi intraducibili ma, nei gesti, nei toni e nel suo sguardo, palesemente entusiasti. Recitando la sua enologica lectio magistralis Vincent afferra il ladro lo affonda nel cocchiume di una barrique. Ne estrare un vino giallo vivo e brillante. Assaggiamo: un profondo e inebriante profumo di miele e di fiori si fonde al boisè del legno, In bocca il vino è pieno, ricco ma soprattutto lungo e sorprendentemente minerale nell’eleganza che contraddistingue lo Chablis.

Mentre lo rincorriamo in improbabili traduzioni Vincent è già sopra un’altra barrique. Stesso cru, in botte diversa: vino sorprendentemente diverso ma ugualmente elegante. Poi un altro cru: molto più sapido. Un altro: grasso, strutturato, di corpo ed un altro ancora. L’assaggio è ora di una bottiglia del cru Saint Pierre annata 2008. Vincent ora è incontenibile: bottiglia del 2003, annata più calda, poi il 1997, annata più fresca. Vincent straripa nell’ emozione: Gran cru Les preuses ‘89 la sua prima vendemmia; incredibile freschezza per un vino bianco di oltre 20 anni! Poi è la volta di una bottiglia vinificata da suo padre oltre 30 anni fa: monumentale…

A stento riusciamo dopo molte ore a svincolarci dal tourbillon di assaggi effettuati e dalla straordinaria accoglienza, appagati di aver conosciuto Chablis. Prima di uscire uno sguardo tra decine di bottiglie aperte tra cui quella del nostro passepartout: il Torcolato.

 

Alberto Brazzale