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Le origini del panettone

In epoca romana esisteva già un alimento che potrebbe essere considerato antenato del panettone: si trattava di un lievitato arricchito con miele e frutta secca. Per arrivare al panettone vero e proprio, occorre aspettare il 1495 e il banchetto natalizio alla corte di Ludovico il Moro, signore di Milano.  La leggenda racconta che in quell’occasione uno sfortunato cuoco fece bruciare il dolce che doveva essere servito al culmine della festa: per non incorrere nelle ire del signore, uno sguattero di nome Toni ebbe l’idea di recuperare la parte morbida dell’impasto, scampata alla bruciatura, mescolandola con burro, uva passa e canditi. Il dolce “salvato” fu servito a tavola con il nome di Pan de Toni, incontrando il favore dei commensali. Un’altra versione della leggenda vuole che il Pan de Toni sia invenzione di messer Ughetto degli Antellari, detto Toni, il quale per conquistare il cuore della bella Adalgisa, figlia di un fornaio, si fece assumere presso quel forno e inventò per lei un dolce fatto con fior di farina, burro, canditi e uva sultanina. L’origine del panettone ha anche un fondamento storico:. Pietro Verri nella sua “Storia di Milano”, edita fra il 1782 e il 1799, riferisce che a Natale fino alla fine del Quattrocento si usava far ardere nel camino un ciocco ornato di fronde e mele sul quale si spargeva vino e ginepro. Il padre di famiglia spezzava simbolicamente un grande pane da dividere con i familiari. Molto probabilmente sono questi pani grandi, o panettoni, l’origine del dolce omonimo. Il primo riferimento ufficiale al panettone si trova in un documento del 1599: nel registro delle spese del Collegio Borromeo di Pavia è presente un riferimento alle spese per il “Pane di Natale”, servito agli studenti ospiti della struttura durante il pranzo natalizio.  La parola “panettone” compare invece per la prima volta nel primo dizionario milanese-italiano del 1606, nel quale è descritto come un pane dolce, con uvette e frutta. Per avere il primo esempio di panettone moderno occorre aspettare fino all’Ottocento, con una ricetta alla quale pare abbiano contribuito anche i pasticceri austroungarici.