a cura di Alfonso Piscopo
Quando mangiamo le patatine, non si sa con che olio sono state fritte. Nelle fritture in generale due fattori influiscono più di tutti: il primo è legato alla qualità dell’olio, il secondo alla tecnica di frittura utilizzata. Una differenza va fatta tra oli e grassi i cui componenti sono trigliceridi e acidi grassi saturi e insaturi. I grassi saturi sono i componenti principali dei grassi animali (non tutti), si trovano in carne salumi, uova, formaggi ecc., mentre i grassi insaturi si trovano nel pesce azzurro e salmone (omega-3 e Omega-6). I grassi insaturi sono generalmente associati agli alimenti di origine vegetale e sono (i grassi contenuti nella frutta secca, e nell’olio extra vergine di oliva). Mentre tra i grassi saturi conosciamo l’olio di palma, il burro di cacao, l’olio di cocco.
Gli oli e i grassi saturi resistono meglio alle alte temperature. Quando scaldiamo l’olio o il grasso per friggere tra i 150 e i 190 °C si hanno tre reazioni chimiche dei trigliceridi: la polimerizzazione, l’idrolisi per contatto con l’acqua contenuta negli alimenti e l’ossidazione per contatto con l’aria. La polimerizzazione è trascurabile nelle normali condizioni di frittura. L’ idrolisi provocata dalla umidita’ degli alimenti scinde i trigliceridi in mono e digliceridi e acidi grassi liberi. I primi non sono pericolosi, mentre gli acidi grassi liberi se superano il due percento della massa di olio, conferiscono un sapore rancido caratteristico delle fritture nei quali l’olio è utilizzato molte volte a friggere. La ossidazione è la più pericolosa delle tre reazioni che si verificano durante la frittura, perché il gricerolo ossidandosi da origine all’acroleina, sostanza tossica per il fegato e irritabile per le mucose gastriche. In linea generale gli oli più adatti alle fritture sono quelli con il punto di fumo più elevato e che presentano una maggiore resistenza all’idrolisi.
Si definisce ‘punto di fumo’ la temperatura alla quale un olio inizia spontaneamente ad ossidarsi per contatto con l’aria e produce una colonna di fumo. Nelle fritture l’eccezione fa la regola.. I grassi saturi animali sono resistenti alle alte temperature e si adattano meglio alle fritture. Gli oli vegetali ad elevato tenore di acidi grassi saturi (olio di cocco, palma, cacao, strutto,) e i preparati per fritture industriali a base di olio idrogenati o trans, sono soddisfacenti alle due condizioni (punto di fumo e resistenza all’idrolisi), ma favoriscono la formazione di colesterolo LDL (cattivo) nello organismo e quindi in un certo senso sarebbe meglio evitare. Ad esempio un olio da evitare è l’olio di mais perché è più facilmente idrolizzabile e ossidabile. Tra i grassi insaturi l’olio extravergine di oliva oltre ad essere gradito per condire piatti a crudo e per la cottura che già conosciamo, si è dimostrato preferibile per la frittura, rispetto all’olio di mais, di girasole e di soia per la sua capacità di resistenza alla temperatura di frittura e che porta gli altri oli presi in esame a produrre molti più composti polari potenzialimente tossici. La ragione secondo i ricercatori sta negli antiossidanti, naturalmente presenti nell’ olio extravergine di oliva, che lo proteggono dalla ossidazione e lo rendeno più stabile alle alte temperature.