L’agroalimentare ma anche la farmaceutica e l’abbigliamento spingono la crescita dell’export italiano. E’ quanto emerge dal rapporto di Sace-Simest presentato a Milano. Dal punto di vista dei settori, le dinamiche attese per il 2019 indicano un “fenomeno di convergenza”: rispetto allo scorso anno, in cui le differenze di crescita tra i settori erano più marcate, nel 2019 i raggruppamenti cresceranno tutti a tassi compresi tra il 3,1% e il 3,8%.
Saranno i prodotti agroalimentari a spingere le nostre vendite all’estero nel 2019 (+3,8%), seguiti dai beni intermedi, che grazie alla farmaceutica contribuiranno in maniera positiva alla dinamica delle nostre esportazioni (+3,6%), i beni di consumo, con in prima linea abbigliamento e arredamento (+3,4%) e infine i beni di investimento, raggruppamento che ha il maggior peso sul nostro export (40% del totale), che cresceranno a un ritmo leggermente inferiore rispetto agli altri (+3,1%), complici l’incertezza globale e le difficoltà del settore automotive.
Nel 2019 in crescita del 3,4%
Dopo aver chiuso un 2018 con aumento del 3,1%, l’export italiano è pronto a proseguire il suo cammino a un passo analogo anche nel prossimo futuro, con previsioni di crescita al 3,4% per il 2019, che saliranno al 4,3% medio annuo nel triennio successivo 2020-2022. E’ quanto emerge dall’ultimo rapporto sull’export realizzato dal polo Sace Simest “Export Karma: il futuro delle imprese italiane passa ancora per i mercati esteri” presentato in Borsa a Milano. Giunto quest’anno alla sua tredicesima edizione, lo studio vede ancora una volta confermato il ruolo cruciale dell’export per l’economia nazionale e tratto distintivo del fare impresa in Italia. A questo ritmo, le vendite estere di beni italiani – prosegue il rapporto – arriveranno a toccare il valore di 500 miliardi nel 2020, superando i 540 miliardi nel 2022. In crescita anche l’export di servizi, che entro il 2022 dovrebbe superare quota 120 miliardi di euro.
Con dazi effetto riduzione 0,2%
Gli effetti di un’escalation protezionistica portata avanti dagli Stati Uniti potrebbero essere significativi sia per le economie più direttamente coinvolte, sia a livello globale, in considerazione degli impatti sulla fiducia degli operatori e sulle catene del valore. Se gli Usa decidessero, nel corso del 2019, di imporre un dazio del 25% su tutti i prodotti provenienti da Pechino e sulle importazioni di autoveicoli dal mondo, le ripercussioni negative si estenderebbero a “macchia d’olio sull’intero sistema del commercio internazionale”. In caso di una simile escalation, le esportazioni italiane di beni verso il mondo aumenterebbero più lentamente (-0,2 punti percentuali nel 2019 e -0,6% nel 2020), con impatti ancora più marcati per le nostre vendite verso gli Stati Uniti (-0,7% nel 2019, -1,1% nel 2020). A questo vanno aggiunti gli effetti di ulteriore rallentamento che una simile escalation potrebbe avere sull’economia cinese. Questo aggraverebbe ulteriormente l’impatto sulle esportazioni italiane di beni complessive, le quali sarebbero inferiori di 0,8% nel 2019 e 1,7% nel 2020. Infine non è da sottovalutare l’eventuale rallentamento della Germania, prima geografia di destinazione delle nostre merci e, più in generale, un’economia strettamente connessa a quella italiana.
Confagri, agrifood è traino ora sostenere le imprese
“L’agrifood traina l’export del made in Italy, intercettando una domanda estera di prodotti agroalimentari in crescita, nonostante le criticità e le tensioni commerciali internazionali in atto; le nostre imprese agroalimentari dovranno essere supportate ad ampliare e diversificare l’offerta e ad individuare nuovi mercati di collocamento”. Lo sottolinea il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, in merito alla presentazione del Rapporto Export 2019 di Sace-Simest. “I prodotti agroalimentari – osserva Giansanti – sono un potente motore per l’aumento delle esportazioni complessive dovute alla capacità delle nostre imprese e all’alta reputazione che hanno i prodotti italiani in termini di qualità. Le incertezze e le tensioni sul mercato globale non devono scoraggiare la propensione imprenditoriale all’export, che però andrà sostenuta dagli accordi bilaterali dell’Unione europea, dalle politiche nazionali di sostegno, dal potenziamento delle infrastrutture e dall’innovazione”. Il presidente, infine osserva, che “i risultati dell’export agroalimentare potrebbero essere maggiori se migliorasse l’integrazione di filiera e se crescessero le vendite dei prodotti agricoli che invece marca il passo; questo per la riduzione delle vendite in diversi comparti come frutta, carni, ortaggi e legumi, cereali. Arrivare nel giro di pochi anni a 50 miliardi di export agroalimentare è un risultato alla portata del sistema”.
Mattioli, sostegno a Made Italy diventi strutturale
“Per ridurre l’incertezza bisogna valorizzare le cose fatte bene negli ultimi anni. L’ho detto lo scorso anno e lo ribadisco anche questo, bisogna rafforzare le misure per il made in Italy”. Lo ha detto Licia Mattioli, vicepresidente per l’internazionalizzazione di Confindustria, intervenendo alla presentazione del Rapporto Export 2019 di Sace Simest a Milano. “Il fatto – ha aggiunto – che i fondi per il Piano Straordinario di Promozione del Made in Italy siano stati confermati va nella giusta direzione, ma proprio per l’importanza che rivestono chiediamo che diventino una misura strutturale e non straordinaria nell’agenda governativa e che si continui a lavorare per rafforzare la crescita delle imprese con una struttura manageriale all’altezza di intercettare le opportunità sui mercati globali”. “Per vincere sui mercati internazionali – ha proseguito Mattioli – è necessario puntare alla digitalizzazione della manifattura, la leva che può consentire maggiormente alle imprese di modificare il proprio Dna per essere più competitive. Dobbiamo, come Europa, essere leader nell’offerta di tecnologie per la trasformazione digitale dell’industria, cosa possibile con una politica industriale a favore di investimenti in tecnologie, un più stretto legame con il mondo della ricerca, la formazione e l’aggiornamento continuo delle competenze”.
Quintieri (Sace),da nostre imprese offerta di qualità
“L’export italiano ha sempre dimostrato di avere le risorse giuste per affrontare congiunture avverse e complessità e anche questa fase non fa eccezione”. Lo afferma il Presidente di Sace, Beniamino Quintieri, commentando i dati sull’export. “Le nostre imprese esportatrici – aggiunge – stanno raccogliendo i frutti di un lavoro di riposizionamento verso un’offerta di sempre più alta qualità, fattore che ci contraddistingue sui mercati esteri e che è strategico in questa congiuntura perché ci mette, almeno in parte, al riparo dalle conseguenze dirette di dinamiche quali la guerra commerciale. Questa la direzione per rafforzare la nostra competitività, che deve essere valorizzata tramite strategie che aiutino le nostre imprese a espandere e diversificare i propri mercati di riferimento, raggiugendo quote sempre maggiori e all’altezza del proprio potenziale. Un percorso da compiere consapevoli che l’export è la vocazione e il motore dell’Italia”.