Il Veneto si conferma regione trainante in Italia per i PIWI, ma la crescita richiede nuove strategie per superare le sfide della commercializzazione. È quanto emerge dal progetto di ricerca IM.VI.BIO.R. sulla diffusione dei vitigni resistenti alle malattie fungine, condotto da Dimensione Agricoltura con il Dipartimento TESAF dell’Università degli Studi di Padova, lo studio tecnico Agridinamica e la cantina Ca’ da Roman, che a Romano d’Ezzelino produce unicamente vini da vitigni resistenti.
Il gruppo di ricerca si è avvalso anche della preziosa collaborazione dell’associazione PIWI Veneto, che ha delineato lo scenario attuale della produzione in Italia. Il Veneto domina la classifica con 630 ettari coltivati a vitigni resistenti, 94 produttori e 173 etichette in commercio, pari al 38% del totale nazionale. Seguono l’Alto Adige (53 produttori e 119 vini in commercio), il Trentino (37 produttori e 61 vini), la Lombardia (34 produttori e 49 vini) e il Friuli Venezia Giulia (21 produttori e 41 vini).
La ricerca, condotta su 25 aziende agricole, ha confermato la soddisfazione dei produttori PIWI per il percorso intrapreso. Il 96% ha dichiarato che coltiverebbe nuovamente vitigni resistenti, mentre il 76% intende aumentarne il numero. I vantaggi ambientali ed economici sono, infatti, significativi: i vitigni resistenti richiedono in media 4 trattamenti annui, contro i 15/20 necessari per le varietà tradizionali. Nonostante ciò, il 48% dei produttori ha dichiarato di incontrare difficoltà nella commercializzazione del prodotto finale. I produttori PIWI, infatti, si concentrano maggiormente sulla vendita diretta (96%) e nel canale Ho.Re.Ca. (91%) e si affidano in misura limitata agli intermediari o alla GDO, con percentuali molto basse.
“Lo studio ha messo in luce due aspetti fondamentali – spiega Massimo Vallotto, alla guida dell’azienda agricola Ca’ da Roman di Romano d’Ezzelino (VI) che ha avviato nel 2019 la produzione di vini da vitigni resistenti PIWI -: da un lato, il crescente interesse supportato dall’esperienza positiva dei produttori che hanno già adottato i vitigni resistenti; dall’altro, la necessità di potenziare le attività di informazione per facilitare la vendita”. “Dalla ricerca – conclude – emerge che le barriere normative e la scarsa conoscenza dei benefici dei vitigni resistenti sono i principali ostacoli alla commercializzazione dei vini”.
Il 92% dei produttori intervistati ritiene, infatti, che comunicare in modo efficace i benefici del prodotto sia essenziale per il suo successo commerciale. I trend di mercato mostrano una
sempre maggiore sensibilità alle tematiche legate alla sostenibilità ambientale e sociale. Tuttavia, la ricerca ha evidenziato che solo il 20% dei consumatori intervistati conosce i vini PIWI. Analizzando le motivazioni di acquisto, risulta che il 35% dei consumatori si affida principalmente al consiglio del venditore di fiducia, seguito dal gradimento dopo averli assaggiati (35%) e dal minor impatto ambientale (34%).
“I dati raccolti confermano che i vini prodotti da vitigni resistenti PIWI sono ancora un prodotto di nicchia – commenta il Prof. Daniel Vecchiato del Dipartimento TESAF dell’Università degli Studi di Padova – e che per incentivare l’acquisto, è possibile renderli facilmente riconoscibili attraverso il logo “PIWI International” e facendo in modo che le loro caratteristiche in termini di sostenibilità vengano veicolate al consumatore con un “segnale” noto quale la certificazione biologica. Anche l’Indicazione Geografica Tipica e la dicitura “vino prodotto da vitigni resistenti” possono contribuire a incentivare l’acquisto”. “Il test effettuato su un campione di consumatori – spiega – ha dimostrato che, senza un’adeguata informazione, il consumatore tende a scegliere un vino tradizionale. Questo fenomeno è in parte attribuibile alla cosiddetta “wine neophobia”, ossia l’inconscia avversione a provare vini nuovi rispetto a prodotti già conosciuti e quindi familiari. Tuttavia, quando il consumatore viene informato sui benefici ambientali e sociali dei vitigni resistenti, le preferenze si spostano significativamente a favore di un vino PIWI, accompagnate anche da un aumento rilevante della disponibilità a pagare”.
Le aziende intervistate evidenziano la necessità di una strategia comune: il 40% chiede azioni congiunte tra produttori, il 16% una maggiore promozione della vendita online e il 12% modifiche normative per includere i vitigni PIWI nelle DOP.
“Il progetto IM.VI.BIO.R. – conclude Enrico Stella, agronomo dello studio tecnico Agridinamica di Nove (VI) – è stato concepito come un’indagine esplorativa, con l’obiettivo di gettare le basi per future ricerche sulla valorizzazione di pratiche viticole a basso impatto ambientale. I risultati ottenuti sono un punto di partenza per approfondire l’analisi del comportamento del consumatore e l’impatto dei servizi ecosistemici prodotti dai vitigni fungo resistenti a beneficio del territorio, e per fornire all’imprenditoria strumenti concreti da applicare per le strategie di promozione e commercializzazione”.
