Al Padovanino di Padova c’è aria di rivoluzione, ma il profumo è sempre quello: brace viva, fumo elegante e creatività ardente. In cabina di regia c’è lui, Stefano Mocellin, che qualcuno definisce lo chef-ingegnere del kamado, altri il Tony Stark delle griglie. Qualunque sia l’appellativo, una cosa è certa: Mocellin non cucina, progetta esperienze multisensoriali, fondendo rigore tecnico e libertà espressiva. Il nuovo format del Padovanino è un manifesto di rottura con i canoni classici: alta cucina sì, ma con un’anima smart, divertente e condivisibile. L’ambiente è rilassato, il servizio non imposta barriere, il menù è costruito per far sì che il cliente diventi parte attiva della cena, componendo il proprio percorso tra piccoli piatti e grandi vini. Un invito a lasciarsi andare, senza perdere mai di vista la qualità assoluta. Gli antipasti sono da manuale Michelin, ma vestiti di essenzialità: ogni portata punta all’essenza del gusto, senza maschere né decorazioni inutili. Dalla tartare di pomodorini affumicati al finto cocktail di gamberi, fino all’ostrica alla brace con salsa ai frutti rossi, si percepisce chiaramente la direzione: la brace non è più solo tecnica, è una lingua parlata con intelligenza e poesia. E poi c’è lei, la carbonara alla brace, che non ha paura di sporcarsi le mani. Maccheroni BBQ, tuorlo ruvido, grasso sapido e note affumicate che si rincorrono in una costruzione biochimica perfetta, dove ogni consistenza si scontra con l’altra fino a trovare un’armonia inaspettata. È un piatto che destabilizza, poi conquista. Nel menù temporaneo, ogni piatto è una provocazione elegante: la “Illusione” (dal nome volutamente enigmatico), la millefoglie di patata con maionese all’aceto, i funghi con salmoriglio e zest di limone, fino agli asparagi bianchi e verdi con fonduta, gel di tuorlo e tartufo. Il risultato? Un percorso verticale che non scende mai di tono. Il dolce non è un congedo, ma un ultimo colpo di scena: la bombetta con crema al mascarpone, da mangiare in un solo boccone, è un pre-dessert sfrontato e goloso. Poi arriva la crostata all’ananas con crema allo zafferano e infine il sorprendente gelato alla brace: brandy, fieno affumicato all’abete rosso, sbrisolona al timo. Un dolce che è più vicino a un rito pagano che a una classica fine pasto. Ad accompagnare il tutto, vini mirati e non banali. Tra questi spiccano il Blanc de Sers Brut Nature Monfort e l’anteprima assoluta della Bolle d’Arancio #1, etichetta della casa che promette di farsi ricordare. Con questa nuova visione, Mocellin non stravolge la cucina d’autore, la aggiorna, liberandola da codici obsoleti e rendendola accessibile, partecipativa, vera.
