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Vaccini. 225 anni fa veniva iniettato l’antivaiolo

Il 14 maggio del 1796 Edoardo Jenner inoculo’ per la prima volta il virus del vaiolo bovino in un bambino per dimostrare la sua teoria: chi veniva in contatto con questo virus diventava poi immune al vaiolo umano.

“Il grande merito di questo medico e’ di aver inventato la vaccinazione e di avere dimostrato, per la prima volta nella storia dell’umanita’, che questo poteva proteggere le persone. Lo ha fatto con un metodo per noi oggi impossibile, ma dobbiamo sempre tenere presente che parliamo di una sperimentazione avvenuta oltre due secoli fa”. A commentare con la Dire la ricorrenza dell’avvio della vaccinazione contro il vaiolo e’ Guido Castelli Gattinara, pediatra, infettivologo, direttore del Centro vaccinazioni dell’ospedale Bambino Gesu’ di Roma e presidente della Societa’ italiana di infettivologia pediatrica (Sitip).

“Oggi- chiarisce l’esperto- siamo molto piu’ protettivi nei confronti della popolazione che partecipa alle sperimentazioni dei vaccini. Quando si sperimenta- spiega- ci sono prima le prove sugli animali, vengono poi utilizzati dei sistemi di sicurezza per verificarne l’efficacia. Ci sono dei parametri che vanno a vedere i correlati di protezione che indicano il livello di protezione nei confronti di una certa malattia. Sottoporre i pazienti all’infezione e’ un azzardo pazzesco. Tuttavia- tiene a chiarire l’infettivologo- se vediamo il costo-beneficio di allora, dobbiamo tenere presente che il vaiolo contagiava migliaia di persone e che, nel corso della storia, ha mietuto piu’ vittime delle guerre. Quell’esperimento, rischiosissimo, ha dato un vantaggio enorme all’umanita’- sottolinea il medico- oggi infatti la mortalita’ e’ arrivata a zero perche’ la malattia e’ stata eradicata. Da li’, inoltre, abbiamo sviluppato delle tecniche che permettono di accertare che i vaccini sono sicuri senza sottoporre al minimo rischio i soggetti. Qualsiasi procedura medica comporta dei rischi- conclude Castelli Gattinara- che pero’ devono essere ridotti al minimo soprattutto se, come nel caso dei vaccini, stiamo trattando persone sane”.