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Speciale giornata dell’autismo. Intervista ad una mamma dell’Alto Vicentino. Video

Il 2 aprile, in occasione della IX Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo, il mondo si tinge di blu. Blu come il mare, blu come cielo, blu come il colore scelto dall’Onu per l’autismo, per ricordare che tutti possiamo e dobbiamo contribuire per migliorare la qualità di vita delle persone che soffrono di questa sindrome, delle loro famiglie e per sostenere la ricerca scientifica, che permetta di scoprire nuovi metodi efficaci per curare, già dai primissimi mesi di vita, il disturbo dell’autismo. Grazie alla collaborazione dell’ANCI, in Italia saranno numerosi i monumenti e le piazze che avranno un distintivo blu. Per il rispetto, l’accettazione e l’inclusione, anche Palazzo Montecitorio, a Roma, si illuminerà di blu, così come nel mondo, il blu tingerà la Statua del Cristo Redentore a Rio de Janeiro, la CN Tower di Toronto, la Burjul Mamlakah –Kingdom Tower di Riyadh in Arabia Saudita, l’Empire State Building di New York, la Willis Tower di Chicago.

Nell’Alto Vicentino, il comune di Thiene ha fatto colorare di blu la fontana ad ingresso della città. Il Toaldi Capra di Schio verrà illuminato di blu per due giorni ed il Comune di Lugo ha fatto diventare blu il municipio.

La IX Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo, dunque, oltre a colorarsi di blu, prevede una mobilitazione internazionale massiccia, per sensibilizzare l’opinione pubblica su una malattia che negli ultimi 40 anni è cresciuta 10 volte. Correttamente chiamata Disturbo dello Spettro Autistico, per descrivere i diversi gradi di gravità in cui si può presentare, la sindrome, a più di sessantanni dalla sua identificazione, è difficile da riconoscere tempestivamente e sono ancora tante le incertezze sulla classificazione del disturbo, e soprattutto sulle cause.
Conoscere, agire e supportare è fondamentale per promuovere la conoscenza di questa complessa condizione.

Intervista ad una mamma ‘speciale’ dell’Alto Vicentino
Bella, giovane e piena di sogni. Già a 18 anni viveva da sola con grande responsabilità, ma con l’incoscienza tipica della giovinezza. Studiava, lavorava e si affermava giorno dopo giorno. Innamorata dell’amore e della vita, lei aveva un grande desiderio: diventare mamma. E così, incontrato colui che avrebbe dovuto essere l’uomo della sua vita, si sposa. Il pancione arriva solo dopo poco tempo dal suo matrimonio. La felicità inonda, come un fiume in piena, la sua esistenza, si muove tra calzini e tutine, carrozzine e fasciatoi. Nasce Luca (nome di fantasia), è festa grande. Trascorrono pochi mesi, ma lei, mamma attenta e appagata, intuisce che qualcosa non va in Luca: non risponde ai richiami, non afferra le api sulla culla, non interagisce con il mondo esterno. Lei è una donna forte, risolutiva e vuole capire. La diagnosi non tarda: Luca è affetto da autismo. Il panico è in agguato, la paura l’assale e la solitudine la divora. Si arresta per qualche tempo, resta sospesa come in filo, deve realizzare e comprendere, metabolizzare e agire. Facile a dirsi… Crolla così il suo mondo, si disintegrano i suoi sogni, ma non cede. Lei lascia il lavoro per dedicarsi a quello scricciolo. Riprenderà la sua professione dopo avergli insegnato quelle piccole cose che ogni bambino impara con la crescita e che a Luca devi insegnare con pazienza, dedizione, professionalità e amore.
Oggi Luca ha 12 anni, è bellissimo, con l’espressione furbetta e di passi da gigante ne ha fatti tanti, e tanti ne dovrà ancora fare. A sostenerlo, sgomitando contro tutti i pregiudizi, c’è sempre lei, la mamma che ha stravolto la sua esistenza, ha imparato a comunicare con suo figlio e che tra buio e luce, tutti giorni affronta una nuova lotta contro lo spettro dell’autismo. Si, perche avere un figlio autistico, non è cosa semplice, i dubbi, le paure e l’incertezza del domani, sono sempre li, non ti lasciano mai e ti spezzano l’anima. Ma l’anima della mamma, è sempre colorata di blu.

Luca è diventato autistico o è nato così?

Non lo so, io lo vedevo normale, poi, verso i 18 mesi, osservando i figli delle mie amiche, ho capito che non abbracciava, non guardava negli occhi e viveva come dissociato dalla realtà.Pensavamo non sentisse bene perchè era privo di amozione a qualsiasi cosa gli capitasse intorno. Lo portammo da uno specialista dell’udito che ci disse subito che dovevamo andare in Neuropsichiatria. Il medico aveva capito tutti, chissà quanti altri bambini erano passati da lì.

Che reazione avete avuto, tu e tuo marito, quando vi è stata comunicata la diagnosi?

Fu terribile, devastante. Paura di non reggere ad un’intera esistenza che ci aveva segnato la vita per sempre. Pensammo anche di farla finita di ritorno dall’ospedale. Pensammo a gettarci con tutta l’auto da un ponte: tutti e tre. Proseguimmo per la strada di casa. Da allora tutto è cambiato.Compreso il matrimonio che è finito per quel dolore che non ci ha uniti, ma divisi.

A chi vi siete rivolti?

Alla Neuropsichiatria infantile di Thiene, dove trovammo personale competente che prese in carico Luca e anche noi genitori smarriti, che avevamo bisogno di una guida per sopravvivere.

Le strutture sanitarie funzionano?
Non tutte purtroppo e ancora ci sono pediatri che dinanzi a sintomi autistici eclatanti non riconoscono la sindrome. Anche per la riabilitazione, oggi, con la diagnosi precoce si può fare tanto per fare crescere questi bambini. Ma si perde tanto, troppo tempo e non tutte le Asl sono specializzate a danno di questi soggetti che se seguiti bene, possono diventare adulti autosufficienti. Spesso finiscono in istituti per disabili proproprio perchè chi li ha avuti in carico non si è saputo occupare di loro.

Quali sono stati i progressi di Luca con la terapia e l’assistenza quotidiana?

Ha imparato a parlare. Non è una comunicazione vera e propria, ma almeno ora lo comprendo. Ma c’è un lavoro di anni e di tutti i giorni dietro. E’ stata una lotta con l’autismo. Io che cercavo di fargli capire quanto è bello il mondo circostante e l’autismo che voleva isolarlo. E’ quella la sfida.

Come sei entrata in relazione con il suo mondo?

Oggi, esistono terapie comportamentali che rappresentano lo strumento per interagire con gli autistici.Sono terapie che i genitori e gli insegnanti devono apprendere per poter insegnare a questi ragazzini, che devono essere trattati in maniera competente. Mio figlio ha frequentato la scuola materna Amatori e la scuola elementare Talin, dove le sue insegnanti hanno fatto di tutto e di più per formarsi e insegnare a Luca quello che oggi è un bagaglio enorme se si pensa che è partito da una diagnosi di autismo severo. Insegnanti che hanno coinvolto l’intera scuola in questo percorso educativo e alle quali mi sento di dire grazie di vero cuore perchè da sola non ce l’avrei fatta. Se oggi Luca è un bambino che sa stare in società lo devo ai loro sforzi e alla loro dedizione quotidiana. Lo devo al preside Carlo Maino che quando c’è stato da andare incontro alle esigenze di mio figlio, non si è mai tirato indietro.
Che significa avere un bambino autistico?

Significa essere un genitore a metà

Che progetti hai per Luca?
Non lo so e questa incertezza del futuro è quella che fa più male. Non si sa che evoluzione avrà Luca, nella convivenza di una sindrome per la quale non c’è cura. Chi nasce autistico muore autistico e per quanto tu possa fare, devi fare i conti con qualcosa che ti accompagnerà per tutta la vita.

Cosa ti senti di dire ai genitori di bambini autistici?

Di non mollare mai e di sorridere nonostante tutto. Ma una cosa mi va di dirla ai genitori di bambini senza problemi: godetevi la crescita dei vostri figli e non perdetevi un solo attimo di loro. Quello che voi date per scontato, come la recita a scuola, la prima comunione, la prima cotta e le crisi adolescenziali, non sono doni scontati per altre mamme e altri papà, costretti a lottare contro veri e propri drammi. Godetevi la normalità dei vostri figli perchè avete un bene prezioso che altra gente sogna.

Roberta Puglisi