Una bomba sanitaria rischia di esplodere in Veneto. Stando alla previsione della Federazione dei Medici di Famiglia entro il 2023 saranno quasi 1,5 milioni i veneti che correranno il rischio di trovarsi senza il proprio medico.
Quasi 1600 medici appenderanno il camice bianco tra sette anni in Veneto, mentre nel contempo i giovani si trovano a battagliare con le difficoltà burocratiche per accedere alla professione. Questo il dato diffuso al congresso nazionale della Fimmg: “Se in passato un medico andava in pensione a 70 anni, ora lo fa intorno ai 67 – ha reso pubblico Vincenzo Pomo coordinatore della Sisac, l’organismo che contratta i rinnovi delle convenzioni mediche”.
E non è difficile crederlo visto che un giovane e aspirante chirurgo o ortopedico può contare su una retribuzione mensile di 1700 euro, contro i risicati 800 euro che prenderebbe un borsista desideroso di diventare un medico di famiglia.
Calano i medici, ma i pazienti restano, il tutto frutto di un gioco matematico semplice. Seppur a numero chiuso, le università formano gli specialisti ricevendo lauti finanziamenti, mentre la formazione del futuro medico di base è a carico della Regione.
Per il triennio 2016/2019 nel bando della regione Veneto erano previsti 50 posti per la formazione, che hanno attirato 502 laureati richiedenti, scremati successivamente con la prova sostenuta a settembre fino ad arrivare alla graduatoria finale.
Numeri che appaiono risicati o non sufficienti a garantire la copertura dell’assistenza sanitaria di base, o come fa intendere Silvestro Scotti vicesegretario nazionale vicario della Fimmg “Ci stanno portando in un sistema dove si pensa di limitare le prescrizioni producendo notevoli risparmi – conclude Scotti – Qualcuno nella stanza dei bottoni vuole un modello di cure territoriali senza medici di famiglia?”.
Paola Viero