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Lavoratori “fragili” esposti al contagio, le direttive del Governo

Non basta l’età del lavoratore per avere una condizione di fragilità rispetto al Coronavirus. Lo chiariscono il ministero del Lavoro e quello della Salute in una circolare congiunta nella quale si spiega che “la maggiore fragilità nelle fasce di età più elevate della popolazione va intesa congiuntamente alla presenza di comorbilità che possono integrare una condizione di maggiore rischio”.

In sostanza non basta aver superato i 55 anni per sentirsi a rischio e chiedere di essere esentati da alcune attività ma va chiesta al datore di lavoro “l’attivazione di adeguate misure di sorveglianza sanitaria in ragione dell’esposizione al rischio Covid in presenza di patologie con scarso compenso clinico” (come ad esempio le malattie cardiovascolari, respiratorie, metaboliche).

Non basta l’età del lavoratore per avere una condizione di fragilità rispetto al Coronavirus. Lo chiariscono il ministero del Lavoro e quello della Salute in una circolare congiunta nella quale si spiega che “la maggiore fragilità nelle fasce di età più elevate della popolazione va intesa congiuntamente alla presenza di comorbilità che possono integrare una condizione di maggiore rischio”.

In sostanza non basta aver superato i 55 anni per sentirsi a rischio e chiedere di essere esentati da alcune attività ma va chiesta al datore di lavoro “l’attivazione di adeguate misure di sorveglianza sanitaria in ragione dell’esposizione al rischio Covid in presenza di patologie con scarso compenso clinico” (come ad esempio le malattie cardiovascolari, respiratorie, metaboliche).

Nella circolare si rileva che i dati più consolidati hanno messo in luce una serie di aspetti: il rischio di contagio da Sars-Cov non è significativamente differente nelle varie fasce di età lavorativa; il 96,1% dei soggetti deceduti presenta una o più comorbilità e precisamente il 13,9% presentava una patologia, il 20,4% due patologie, il 61,8% ne presentava tre o più; le patologie più frequenti erano rappresentate da malattie cronico degenerative a carico degli apparati cardiovascolare, respiratorio, renane e da malattie dismetaboliche; l’andamento crescente dell’incidenza della mortalità all’aumentare dell’età è correlabile alla prevalenza maggiore di queste patologie nelle fasce più elevate dell’età lavorativa; in aggiunta a queste patologie, sono state riscontrate altre a carico del sistema immunitario e oncologiche non necessariamente correlabili all’aumentare dell’età.

Ecco perchè, secondo la circolare, il concetto di fragilità “va individuato in quelle condizioni dello stato di salute del lavoratore rispetto alle patologie preesistenti che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto”. “Non è dunque rilevabile – si legge in un altro passaggio – alcun automatismo tra le caratteristiche anagrafiche e di salute del lavoratore e la eventuale condizione di fragilità”.