Sensazione crescente di stanchezza e di esaurimento emotivo, ansia e depressione, disturbi del sonno e gastro-intestinali, un generale peggioramento della qualità di vita: queste sono solo alcune delle problematiche alle quali può andare incontro chi si prende cura a lungo termine di persone disabili e affette da patologie croniche o degenerative, come l’ictus cerebrale, che hanno un forte impatto non solo sulla persona colpita, ma anche sulla sua famiglia. Il caregiver è una figura speciale che spesso rimane discretamente nell’ombra, che si auto-organizza per far fronte ai bisogni di assistenza dei propri cari non più autonomi e vive un carico emotivo e psicofisico molto importante che impatta inevitabilmente su tutte le dimensioni della vita: riconoscere tempestivamente eventuali problemi è fondamentale per il benessere del caregiver stesso e della persona che assiste. Secondo i dati Istat pubblicati nel 2018, sono più di 7 milioni (pari a circa il 15% della popolazione) gli italiani impegnati nel caregiving informale, a favore cioè di propri familiari. La maggior parte ha più di 50 anni, uno su cinque più di 60. Nell’ambito del lavoro di cura, quello svolto dal/la caregiver familiare è, come detto, particolarmente oneroso ma nonostante ciò, in Italia, a differenza di molti altri Paesi europei, questa figura non viene giuridicamente riconosciuta né tutelata, rivelando purtroppo, in maniera inequivocabile, quanto sia invisibile e considerata irrilevante. Per colmare questa lacuna, tra il novembre 2015 e il marzo 2016, sono stati presentati due Disegni di Legge e due Proposte di Legge, rispettivamente al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati, finalizzati al riconoscimento di questa figura e nel novembre 2017 la Commissione Bilancio del Senato ha approvato all’unanimità l’emendamento che prevede il “Fondo per il sostegno del titolo di cura e di assistenza del Caregiver familiare”. A fine 2020, la Legge di Bilancio 2021 (Legge 178/2020, art. 1 c. 334) ha istituito un nuovo Fondo per il riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale svolta dal caregiver familiare, con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021-2023.
La pandemia ed il disagio soffocato dal silenzio
Le difficoltà di queste persone sono inevitabilmente aumentate nel corso dell’ultimo anno ed è quanto emerge chiaramente dallo studio condotto da Eurocarers e svolto in collaborazione con il Centro Ricerche Economico-Sociali per l’Invecchiamento dell’Irccs Inrca di Ancona, nel ruolo di referente scientifico, con il supporto della Commissione Europea che ha analizzato l’impatto del Covid-19 sui caregiver informali in Europa. Grazie a questo importante lavoro, per il quale sono stati somministrati circa 2.500 questionari a caregiver informali di 16 Paesi, si è potuto documentare e analizzare l’impatto dell’epidemia di COVID-19 su vari aspetti della loro vita quotidiana (come ad esempio salute, situazione dell’assistenza, accesso ai servizi di assistenza, reti di supporto, vita professionale e finanze) e, nello stesso tempo, raccogliere le loro opinioni e le raccomandazioni sui modi per sostenerli al meglio in tempi di pandemia. I risultati presentati dimostrano come la pandemia abbia esacerbato aspetti e problemi già esistenti, ponendo delle nuove sfide: si conferma, ad esempio, come la popolazione femminile sia circa l’80% degli intervistati, evidenziando quindi una ineguale distribuzione di responsabilità tra uomini e donne e sono proprio queste ultime ad aver affrontato conseguenze più gravi in termini di peggioramento della qualità della vita. Molti caregivers, inoltre, hanno un forte bisogno di affrontare problemi relazionali e psicologici ma manifestano la difficoltà di trovare servizi sociali adeguati. “I servizi sociosanitari e sociali spesso non riescono a supportare tutti coloro che necessitano di cure e si genera una situazione di ulteriore sofferenza sia per le persone colpite (in particolare gli anziani) sia per i caregivers, soprattutto alla luce del fatto che un 1 su 5 è anziano a sua volta- dichiara Nicoletta Reale, Past Presidente di A.L.I.Ce. Italia Odv (Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale)- La persona colpita da ictus e la sua famiglia devono sapere che esistono organizzazioni dedicate, come la nostra, che possono fornire informazioni sia creando una rete di contatto con chi purtroppo ha già vissuto la stessa esperienza, sia impegnandosi nella ricerca di soluzioni che, in modo sostenibile, assicurino la disponibilità d’interventi terapeutici altamente specializzati, una maggiore efficacia delle cure e di conseguenza un miglior investimento delle risorse disponibili”.
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