È passato già un po’ di tempo da quando le grandi piattaforme si sono convinte che il social commerce fosse il futuro. Facebook, Instagram e TikTok sembrano però andare più lentamente del previsto: il matrimonio tra e-commerce e social network si sta rivelando meno spontaneo di quanto sperato.
L’ultimo ad andarci cauto è stato TikTok. La sperimentazione di Shop, una funzionalità che permette di acquistare cliccando su un’icona direttamente nei video o nelle dirette, non avrebbe centrato gli obiettivi che si era prefissata in Gran Bretagna, il primo mercato testato fuori dall’Asia, dove Shop procede spedito.
Secondo il Financial Times, l’inciampo britannico avrebbe convinto la società a rimandare il lancio in Germania, Francia, Spagna e Italia, previsto per il primo semestre 2022. Fonti interne all’azienda riferiscono all’Agi di non aver “messo in pausa o ritardato il lancio di TikTok Shop in altri mercati europei”.
Confermano che si è “discusso in astratto o come obiettivi di lungo termine” di una futura espansione internazionale di TikTok Shop, ma “non ci sono mai stati piani concreti per il lancio in Europa nel primo semestre di quest’anno”.
“Al momento – fa sapere un portavoce della compagnia – la nostra attenzione per TikTok Shop è rivolta al Sud-Est asiatico e al Regno Unito. Siamo sempre guidati dalla domanda e stiamo valutando diverse opzioni per migliorare l’esperienza della nostra community”. In altre parole: TikTok preferisce consolidare e capire cosa va (e cosa non va) prima di espandersi, ma non sta mollando il social commerce.
Le mosse (e le difficoltà) dei grandi
Il piatto è ricco. Secondo dati raccolti da Statista, il giro d’affari del social commerce sarà di 958 miliardi di dollari nel 2022 e sfiorerà i 3.400 miliardi nel 2028. Una crescita notevole, davanti alla quale tutte le grandi piattaforme stanno cercando di prendere posizione.
L’apripista è stata Pinterest, che ha introdotto alcuni “Pin” acquistabili già nel 2015. La sua platea, però, non è paragonabile con quella dei giganti. Tra il 2020 e il 2021, su Facebook e Instagram sono arrivati gli Shop (cioè spazi commerciali delle aziende) e soluzioni come Instagram Shopping, per acquistare prodotti visti nei post e nelle storie.
TikTok ha accelerato lo scorso 28 settembre, parlando di un “all-in” sull’e-commerce. Lo ha fatto da un palcoscenico non banale, quello del primo evento globale del social, e presentando un pacchetto di soluzioni (TikTok Shopping, in parte già attivo) che includeva Shop.
Tutti hanno una cosa in comune: l’esperienza di acquisto inizia e si esaurisce sulla stessa piattaforma. Vedo qualcosa che mi piace in diretta, in un post o in un video, ci clicco su, compro. I creator ci guadagnano perché pagati dalle aziende per promuovere i prodotti, i marchi hanno un nuovo canale di vendita e le piattaforme incassano una tariffa. Sembra l’incastro perfetto. Eppure, si procede al rallentatore rispetto alle iperboliche premesse.
Se il FT racconta il caso di TikTok, a maggio il Wall Street Journal ha parlato delle difficoltà di Meta. A due anni dal lancio, la divisione e-commerce sarebbe ancora un cantiere. Alcuni rivenditori avrebbero ottenuto buoni risultati, ma molti sarebbero stati “frustrati” da alcuni limiti tecnici, a tal punto da abbandonare il progetto.
Perché il social commerce è così importante
Il social commerce non è solo un settore promettente: è una delle soluzioni che le grandi piattaforme hanno individuato per avere una sostenibilità futura. Oggi tutte campano di pubblicità e hanno quindi bisogno di diversificare, cercando di produrre fatturato altrove: servizi, hardware, abbonamenti.
C’è poi una questione di saturazione, che è già evidente in piattaforme più anziane come Facebook. È fisiologico che la crescita della platea rallenti. L’attenzione slitta allora dal numero degli utenti attivi alla loro monetizzazione: serve che ogni singolo iscritto frutti più soldi possibile.
Oltre ad incassare in modo nuovo (attraverso le tariffe sulle vendite), il social commerce ha anche un altro pregio: protegge la pubblicità, oggi esposta alle normative sulla privacy e alle scelte dei grandi sviluppatori di browser e sistemi operativi: le restrizioni introdotte da Apple sull’ultimo iOS, ad esempio, hanno limitato l’abilità di Meta di generare pubblicità mirata.
Portare dalla visualizzazione all’acquisto in pochi clic, senza mai lasciare il social, permette di smarcarsi da decisioni esterne e di misurare in modo più immediato l’efficacia di una campagna. In sostanza, Instagram, Facebook e TikTok possono dire agli inserzionisti, con certezza, quante vendite sono direttamente legate agli investimenti in pubblicità, incoraggiando così nuova spesa. In una parola: il social commerce vorrebbe dire indipendenza.
Cosa spinge e cose respinge
Secondo il Social Commerce Report 2022 di Latana, le potenzialità ci sono tutte. Il 65% degli intervistati ha acquistato o acquisterebbe qualcosa su Facebook, il 40% su Instagram, il 18% su TikTok e Pinterest. Le preferenze cambiano con l’età. La generazione Z sceglie Instagram (69%) e TikTok (42%). I millennial preferiscono Facebook (79%) e Instagram (53%). I dati sono relativi al Regno Unito, Paese molto maturo dal punto di vista digitale. Le percentuali sarebbero più contenute in Italia e quasi ovunque in Europa, ma rappresentano comunque un’indicazione.
I tre fattori che spingono all’acquisto social sono le recensioni degli utenti (per il 44% degli intervistati), la segnalazione di un prodotto d’interesse (cioè una pubblicità mirata, 42%) e la presenza di sconti esclusivi (40%). Per i millennial conta molto la facilità di utilizzo (43%). La generazione Z è attenta ai consigli di un influencer (25% contro una media del 12%).
I freni principali all’acquisto sono invece le recensioni negative, la mancanza di fiducia nei confronti del brand e le precedenti esperienze negative. Un terzo degli intervistati indica anche un tema di privacy: non si sente a suo agio nel condividere informazioni.
Il successo del social commerce dipende quindi da fattori che vanno ben oltre l’efficacia di una soluzione. Per vedere in diretta-cliccare-comprare, offerte, annunci mirati e un’esperienza d’acquisto fluida sono fondamentali ma non sono tutto. Il pubblico deve fidarsi (molto) della piattaforma social, dell’azienda e di chi la promuove. Pare che per raggiungere questi obiettivi sia necessario più tempo del previsto. Per una semplice ragione: il social commerce non è una somma aritmetica ma qualcosa di nuovo. Miscelare due cose che da sole funzionano bene non è garanzia di successo immediato.