Una infermiera incinta di sei mesi sarebbe stata aggredita da un paziente al quale stava misurando la pressione per avergli chiesto di indossare la mascherina. A riportarlo in un comunicato l’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Venezia (Opi). «Il problema della violenza nei confronti degli operatori sanitari è in pericoloso aumento ed è assolutamente inaccettabile. Nel caso della collega che operava medicina di gruppo integrata di Mira, inoltre, l’aggressione è ancora più grave vista la condizione della professionista: incinta di sei mesi».
La violenza dei pazienti nei confronti degli operatori sanitari “deve essere letta anche come il sintomo di una grave frustrazione dei cittadini, che sono sempre più insofferenti perché nel Servizio sanitario nazionale non trovano più risposte efficaci ai loro bisogni; la causa sono gli organici sottodimensionati e stanchi per carichi di lavoro insostenibili”. Il segretario provinciale della Fimmg di Venezia, Maurizio Scassola, interviene così, dopo “l’ennesima gravissima aggressione subita ieri da un’infermiera, tra l’altro incinta”, in servizio in una medicina di gruppo della provincia veneziana. Colpita al volto da un paziente, che si rifiutava di indossare la mascherina nella struttura, l’infermiera ha avuto bisogno delle cure del Pronto soccorso. “Se l’aggressività entra negli studi dei medici di medicina generale, significa che la relazione medico-paziente è in grave crisi. Sono questi i motivi per cui abbiamo bisogno di una seria ristrutturazione delle cure territoriali, di una riorganizzazione dell’Assistenza primaria: una riforma ormai, davvero, non più rinviabile”, avvisa Scassola inviando all’infermiera (e -ai suoi familiari, ai suoi colleghi e a tutto l’Ordine provinciale delle Professioni infermieristiche di Venezia) “piena solidarietà e vicinanza. Auguriamo alla dottoressa una pronta guarigione, pur sapendo quanto sarà problematico il suo reinserimento nel mondo dell’assistenza e della cura dopo un’esperienza così traumatica e devastante”. Il problema è che rischia di non essere un caso isolato: le aggressioni violente -verbali, fisiche o comportamentali- coinvolgono chi lavora nei servizi territoriali, dalle guardie mediche al 118, fino agli ambulatori di medicina generale.
“Viviamo- aggiunge Stefano Rigo, referente di Fimmg per l’Ulss 3 Serenissima- in uno stato di tensione continua. Sappiamo quante criticità ci sono nelle relazioni con l’utenza, quanti episodi minano ogni giorno il legame medico-paziente e mettono a rischio la serenità del nostro lavoro e di tutto il personale al nostro fianco, che si sacrifica subendo con noi questa aggressività. Questo episodio, poi, è ancora più vile e grave perché colpisce un’infermiera in stato di gravidanza che continuava comunque la propria attività: significa che davvero ormai non c’è più alcun rispetto, neanche per situazioni di primaria importanza come questa”.