In Veneto nel 2022 il numero di imprese attive (tra calzaturifici e produttori di parti) ha registrato, secondo i dati di Infocamere-Movimprese, un calo di -28 aziende sul 2021, tra industria e artigianato, accompagnato da un saldo positivo di +521 addetti (+3,8%). Per quanto riguarda le ore di cassa integrazione guadagni autorizzate da INPS nel 2022 per le imprese venete della filiera pelle, si registra una contrazione del -67,3% rispetto al 2021: sono state autorizzate quasi 2,8 milioni di ore, un numero ancora decisamente superiore (+91,6%) a quelle del 2019.
Sul fronte dell’export, nei primi nove mesi del 2022 si registra un aumento del +12% in valore sullo stesso periodo dell’anno precedente, tra calzature e componentistica (con un +14,6% sui livelli pre-pandemia di gennaio-settembre 2019). Le prime 5 destinazioni dell’export veneto, che coprono il 56% del totale, sono risultate: Francia (+29,3%), Germania (+16,7%), USA (+39,6%), Spagna (+21,3%) e Polonia (+13%). In flessione, come prevedibile, l’export verso Russia (-13,9%) e Ucraina (-46,1%), scese rispettivamente al 13° e 45° posto nella graduatoria delle destinazioni regionali; il Veneto copre il 20% dei flussi italiani diretti ai due mercati.
Sullo scenario nazionale interviene Giovanna Ceolini, Presidente di Assocalzaturifici, secondo cui dati di preconsuntivo 2022 elaborati risultano positivamente orientati, ma descrivono un orizzonte non privo di insidie e difficoltà per le imprese del settore: “Sebbene il quadro di insieme sia incoraggiante, dopo un biennio complesso, ci sono alcune indicazioni meno confortanti. In primis la disomogeneità della ripresa (2 imprese su 5 non hanno ancora ripianato il gap col 2019 e parecchie non sono riuscite a superare la crisi, cessando l’attività) e poi le conseguenze delle dinamiche inflattive sugli utili delle aziende. L’anno che doveva segnare la piena ripartenza dopo la pandemia ha sì registrato il proseguimento del recupero della domanda, ma è stato penalizzato dal perdurare dei costi elevati delle materie prime, che dopo la fiammata di fine 2020 non hanno dato segni tangibili di ribassamento, e dai picchi record nei prezzi degli energetici, con un’inflazione mai così alta in Italia dal 1985. A ciò si è aggiunto, a fine febbraio, lo scoppio di un conflitto di cui ancora oggi non si vede la fine, in un’area da sempre tra i maggiori clienti di alcuni distretti calzaturieri italiani”.
Rimanendo in ambito nazionale, nel dettaglio, tra i dati di preconsuntivo spicca il nuovo record stabilito dall’export (10,48 miliardi nei primi 10 mesi, +23,5%, già superiore al valore dell’intero 2021), con un prezzo medio al paio che ha raggiunto i 57,26 euro (+10,7%). Un risultato su cui hanno rivestito un ruolo determinante le performance messe a segno dai brand internazionali del lusso, per i quali molte aziende italiane operano da terzista.
Tra i mercati, risultati premianti nella UE (+24,4% in valore la Francia e +27,4% la Germania su gennaio-ottobre 2021). Incrementi ben oltre la media in Nord America (USA +60%, Canada +68%) e Medio Oriente (+55%). Bene – seppur con risultati altalenanti durante l’anno, condizionati dai lockdown – anche la Cina (+41% in valore), ma soprattutto per l’alto di gamma (prezzo medio +34%). La guerra fa crollare le vendite in Russia (-26%) e in Ucraina (-59%); tra gli stati dell’ex blocco sovietico cresce il Kazakistan (+40%).
Tra le tipologie, le scarpe in pelle, tipiche della tradizione made in Italy, sono le uniche che ancora presentano un divario in volume sul 2019 (peraltro marcato: -10,4%).
Sul versante interno, gli acquisti delle famiglie hanno evidenziato variazioni contenute (+6,7% in quantità e +9,6% in spesa) ma comunque positive (benché il balzo dell’import, aumentato del 30% in volume, abbia reso ancor più dura la competizione sul mercato nazionale, particolarmente sensibile al fattore prezzo). La ripartenza dei flussi turistici in ingresso ha inoltre riavviato lo shopping degli stranieri, seppur notevolmente penalizzato dal crollo degli arrivi russi (in aggiunta a quelli cinesi).
Di questo progressivo consolidamento nei livelli di domanda si è giovata la produzione nazionale, salita a 162 milioni di paia (+8,9% sul 2021 ma ancora lontana dai 179 milioni del 2019); come pure l’occupazione, che ha registrato una prima inversione di tendenza, accompagnata da una forte riduzione delle ore di cassa integrazione guadagni autorizzata (-81% per le imprese della filiera pelle, con ancora però un +58% sul 2019).
I livelli occupazionali hanno registrato nel 2022 un rimbalzo, dopo la significativa contrazione di fine 2020 (-4%) e l’ulteriore -1,8% del consuntivo 2021, con il recupero di 1.750 addetti, pari al +2,5%, su dicembre 2021 (sono risaliti a 72.336). Un’inversione incoraggiante ma assolutamente insufficiente, comunque, a ripianare anche le sole perdite del biennio antecedente (-4.300 posti di lavoro).
Il lungo ed eccezionale periodo di crisi ha invece inasprito il processo di selezione tra le aziende, facendo scendere a 3.765 unità i calzaturifici attivi, con un saldo negativo di 216 unità a confronto con dicembre 2021: l’arretramento più pesante da un decennio a questa parte.