“Sarò la prima magistrata con il velo“. Questa la storia di Hajar Boudraa, nata in Marocco 31 anni fa e cresciuta in Italia. A raccontarla è Daouda Sarè, redattrice della testata Black Post, progetto pensato per dare voce ai giovani con background migratorio per raccontare l’Italia plurale. Hajar Boudraa, riferisce la cronista, ha frequentato Giurisprudenza e ora esercita come viceprocuratrice a Verona: “Nel 2019 non aveva ottenuto la borsa di studio perché non era ancora cittadinanza italiana anche sulla carta. Per la giovane donna l’hijab è fede, libertà e coraggio. Nata in Marocco nel 1992, a 5 anni si trasferisce con la famiglia in provincia di Verona e poi, una volta terminate le scuole superiori, sceglie Trento per frequentare la prestigiosa facoltà di Giurisprudenza. Dal 2011 si è, quindi, stabilita definitivamente a Trento dove sogna di diventare magistrata. Al momento è iscritta alla Scuola di specializzazione per le professioni legali (Sspl) a Trento ed esercita come viceprocuratrice onoraria a Verona. Il velo ha avuto diversi significati per la giovane magistrata nel corso degli anni.
“Ho deciso di indossarlo quando avevo 13 anni e devo ammettere che nel corso degli anni ha rivestito significati diversi” dice Boudraa. “Oggi per me è fede, libertà, identità e, in un mondo segnato dal conformismo, rappresenta anche un simbolo di forza e coraggio. Peccato che esso ‘spaventi’ a tal punto da rendere più difficile ad una donna velata l’accesso ad alcuni impieghi. È proprio in questo che trovo che non siamo noi donne velate ad avere un limite, bensì quella parte della società che la pensa in tal modo”.