Ha superato il milione e mezzo di follower su TikTok condividendo la sua passione per la medicina. L’ha fatto attraverso la divulgazione scientifica. Combatte i tabù con le sue competenze mediche e racconta la sessualità con tutto ciò che la riguarda. La Dottoressa Monica Calcagni, Medico Chirurgo Specialista in Ginecologia ed Ostetricia, con Master di Secondo Livello in Medicina Estetica, oggi è Medico di Base, mamma di tre figli e “influencer”, nella migliore accezione che questo termine può assumere sui social. “Favorevole a tutto ciò che può donare amore”, ci risponde quando le chiediamo il suo parere su Procreazione medicalmente assistita, denatalità e gestazione per altri. Ma scopriamo insieme chi è e come le sue competenze aiutano ogni giorno migliaia di persone.
Dottoressa, come nasce l’dea di sensibilizzare, educare alla sessualità e in generale sul funzionamento degli organi genitali, attraverso i social network?
“Mai avrei immaginato di avere questo successo. Tutto è nato grazie a mia figlia Caterina che, come molte ragazze della sua età, trascorre del tempo sui social e su TikTok. Per avvicinarmi al suo linguaggio e per capire cosa la legava a questi mondi, mi sono scaricata l’app, ho creato un profilo e ho visto che c’era tantissima disinformazione sulla sessualità. Non c’erano ginecologhi, ma c’erano tante domande. Così ho iniziato a fare video divulgativi: ‘Noi ci vogliamo divertire e tu vuoi informare?’, mi chiedeva mia figlia. Io, specializzata da 20 anni e con un altro lavoro, non cercavo notorietà, ma ho scoperto che il bisogno di informazioni era forte”.
L’attività che svolge sui social, insieme a molti suoi colleghi e colleghe, riempie un vuoto: la carenza di una disciplina dedicata a queste tematiche nelle scuole. A che età – secondo lei – sarebbe opportuno imparare come funziona il proprio corpo?
“Reputo che il funzionamento del proprio corpo debba essere insegnato da piccolissimi. Sin dalla scuola materna. È necessario strutturare però una disciplina in maniera più scientifica, anche a partire dalle scuole elementari. Si deve parlare in modo diverso rispetto alle fasce di età a cui ci si rivolge. Non pretendo che si spieghi il sesso a tre anni, ma in quinta eleminare, se non lo fa la scuola, i ragazzini lo scoprono da soli o dai fratelli e sorelle più grandi. Non bisognerebbe fare solo educazione sessuale, però, ma anche all’affettività e anatomica soprattutto. In troppi casi, non sappiamo come siamo fatti”.
La sua attività di sensibilizzazione si svolge in un contesto extrascolastico, per questo non considerato tutelato. Quali possono essere i rischi, se ne vede?
“Il rischio è che non c’è controllo, non ci sono filtri. Sui social si trova di tutto: dal professionista che spiega e da informazioni corrette a quello che da informazioni non corrette. Tra noi medici ci segnaliamo i contenuti non idonei che vengono eliminati. Ma sui social ci sono anche i consulenti senza titoli, chi si appassiona all’argomento e pensa di poter dare consigli. Poi ci sono le pazienti che diventano “esperte” o si ritengono tali e vengono chiamate in congressi e convegni: questo, a mio avviso, è il rischio maggiore. Sui social, l’educazione sessuale, non la fa solo il professionista, ma un po’ tutti. Il problema? Mancano le società e comunità scientifiche contro la disinformazione”.
“Reputo che il funzionamento del proprio corpo debba essere insegnato da piccolissimi. Sin dalla scuola materna. È necessario strutturare però una disciplina in maniera più scientifica, anche a partire dalle scuole elementari. Si deve parlare in modo diverso rispetto alle fasce di età a cui ci si rivolge. Non pretendo che si spieghi il sesso a tre anni, ma in quinta eleminare, se non lo fa la scuola, i ragazzini lo scoprono da soli o dai fratelli e sorelle più grandi. Non bisognerebbe fare solo educazione sessuale, però, ma anche all’affettività e anatomica soprattutto. In troppi casi, non sappiamo come siamo fatti”.