Al 31 dicembre 2021 i residenti in Italia scendono a 58.983.122 per effetto della dinamica demografica. Il calo della popolazione residente in Italia nel 2021 fa registrare un -0,4%. Sono 399.431 i bambini iscritti in anagrafe. Con un -1,3% la diminuzione delle nascite rispetto al 2020 scende per la prima volta sotto le 400 mila. Lo comunica l’Istat. È a +2,7% il tasso migratorio con l’estero dall’1,5‰ del 2020, rispetto al 2020 +156 mila unità, pari a + 79%.

La dinamica demografica del 2021 continua a essere negativa, spiega l’istituto di statistica: al 31 dicembre la popolazione residente è inferiore di circa 253 mila unità rispetto all’inizio dell’anno; nei due anni di pandemia il calo di popolazione è stato di quasi 616 mila unità soprattutto per effetto del saldo naturale.

Il saldo naturale della popolazione è sempre fortemente negativo. Le nascite sono ancora in calo nei primi 10 mesi dell’anno ma si osservano segnali di ripresa negli ultimi due mesi. I decessi restano ancora su livelli elevati rispetto al periodo pre-Covid. Segnali positivi per i movimenti migratori, in aumento rispetto al 2020, e per i matrimoni, raddoppiati nel confronto con l’anno precedente, ma anche in questo calo la ripresa non è sufficiente a recuperare quanto perso nel primo anno di pandemia.

Al 31 dicembre 2021, dettaglia Istat, la popolazione residente in Italia ammonta a 58.983.122 unità, 253.091 in meno rispetto alla stessa data del 2020 (-0,4%). Alle conseguenze dirette e indirette dell’epidemia da Covid-19 osservate nel 2020 (drammatico eccesso di mortalità, forte contrazione dei movimenti migratori, quasi dimezzamento dei matrimoni celebrati), nel 2021 si aggiungono gli effetti recessivi dovuti al calo delle nascite, che scendono sotto la soglia di 400 mila, facendo registrare ancora una volta un nuovo minimo storico dall’Unità d’Italia.

La diversa diffusione dell’epidemia da Covid-19 nei territori e l’inizio della campagna vaccinale, entrata nel vivo a inizio estate, spiegano il calendario e la geografia delle variazioni dovute alla dinamica demografica: il periodo da gennaio a fine maggio (prosieguo della seconda ondata di fine 2020), contraddistinto da un’elevata ascesa di contagi e decessi; una fase di transizione (da giugno a settembre) con un rallentamento dei contagi per effetto delle prime evidenze degli effetti della campagna vaccinale sulla riduzione della mortalità; una successiva nuova ondata epidemica, a partire dalla fine di settembre, con una drammatica riacutizzazione dei casi dovuti anche alla diffusione di nuove varianti del virus ad elevata contagiosità.

L’ANDAMENTO DEI DECESSI IN ITALIA

Il decremento di popolazione tra l’inizio e la fine dell’anno 2021 interessa in modo generalizzato tutte le ripartizioni. La perdita di popolazione è inferiore a quanto osservato nel 2020, ed è in linea con il deficit medio di popolazione registrato di anno in anno dal 2015.

Se il deficit di popolazione del 2020 è apparso ‘in tutta la sua drammatica portata in tutte le ripartizioni’, prosegue Istat, nel corso del 2021 il Nord continua a registrare una perdita rilevante (Nord-ovest -0,3% e Nord-est -0,2%), anche se di entità inferiore rispetto a quella dell’anno precedente (rispettivamente -0,7% e -0,4%).

Anche al Centro il deficit di popolazione è più basso (-0,4% contro -0,6% del 2020). Il Sud e le Isole, colpite dall’epidemia solo a partire dall’autunno del 2020, subiscono effetti più pronunciati soprattutto sui decessi. La perdita complessiva di popolazione è rispettivamente dello 0,6% e dello 0,7%, non lontana dai livelli di decremento medio annuo pre-pandemia, solo per effetto della contrazione dei trasferimenti di residenza interni e internazionali da sempre a svantaggio di queste aree del Paese.

Lombardia ed Emilia-Romagna, che nel 2019 avevano registrato un incremento, seguito da un calo dello 0,6% e dello 0,3% l’anno seguente, nel 2021 vedono ridurre il saldo totale percentuale di un ulteriore 0,2%.

La provincia autonoma di Bolzano, tradizionalmente caratterizzata da incrementi di popolazione, segna un aumento in linea con quello del 2020 (+0,2%). Tra le regioni del Mezzogiorno, Calabria e Sicilia registrano decrementi più elevati rispetto al 2020 (da -0,8% e -0,6% a -0,9% e -0,7%), comunque in linea con la dinamica del 2019.

IL CROLLO DELLE NASCITE

Il nuovo record minimo di nascite (399 mila) e l’elevato numero di decessi (709 mila), continua Istat, ‘aggravano la dinamica naturale negativa che caratterizza il nostro Paese nell’ultimo decennio’. Il saldo naturale, che già nel 2020 aveva raggiunto un valore inferiore solo a quello record del 1918 (-648 mila), nel 2021 registra un ulteriore deficit di ‘sostituzione naturale’ pari a -310 mila unità.
Il combinato disposto del persistere di un eccesso di decessi, dovuto all’epidemia fino al mese di maggio 2021, e dell’emergere degli effetti negativi sulle nascite ha contribuito a determinare solamente nei primi cinque mesi del 2021 una perdita di 164 mila unità, uguale ai livelli registrati negli stessi mesi del 2020, con un peso percentuale del 53,1% sul saldo naturale dell’intero anno. Il deficit dell’anno 2021 dovuto alla dinamica naturale è riscontrabile in tutte le regioni, tranne nella provincia autonoma di Bolzano (+123 unità), che si caratterizza non solo in questo anno per una natalità più alta della media. Il tasso di crescita naturale, pari a -5,2 per mille a livello nazionale, varia dal +0,2 per mille di Bolzano al -9,5 per mille del Molise. Le regioni che più delle altre vedono peggiorare il tasso naturale (oltre l’1,5 per mille in meno rispetto al 2020) sono il Molise (-9,5 per mille) e la Calabria (-5,4 per mille). La Lombardia (-4,0 per mille da -6,6) e la provincia di Trento (-2,4 per mille da -4,6) registrano invece i recuperi più elevati rispetto al 2020.

I nati della popolazione residente nel 2021 sono stati appena 399.431, prosegue Istat, in diminuzione dell’1,3% rispetto al 2020 e quasi del 31% a confronto col 2008, anno di massimo relativo più recente delle nascite. Il calo dei nati totali già osservato nel corso del 2020 (-3,6% rispetto al 2019) tuttavia è dovuto solo in parte limitata agli effetti della pandemia.

I primi effetti sulle nascite riferibili ai concepimenti di marzo e aprile 2020 (primo lockdown) possono, infatti, essere osservati a partire dagli ultimi due mesi dell’anno, soprattutto a dicembre 2020 (-10,7%). L’andamento delle nascite nel corso del 2021 consente di avere un quadro più dettagliato delle conseguenze che l’epidemia ha avuto sull’andamento delle nascite.

Il calo delle nascite prosegue nei primi due mesi del 2021: a gennaio si registra la massima contrazione a livello nazionale (-13,4%), con un picco nel Sud (-15,0%). Il calo continua nel mese di febbraio, seppure in misura più contenuta (-4,8%).

Il deficit di nati a gennaio 2021, ‘tra i più ampi mai registrati, lascia pochi dubbi sul ruolo svolto dall’epidemia’, segnala l’istituto di statistica.

Il crollo delle nascite tra dicembre 2020 e febbraio 2021, da riferirsi ai mancati concepimenti durante la prima ondata pandemica, ‘è sintomo della posticipazione dei piani di genitorialità che si è protratta in modo più marcato nei primi sette mesi, per poi rallentare verso la fine dell’anno’. Il rinvio delle nascite è particolarmente accentuato tra le donne più giovani.

‘L’illusoria impressione di superamento dell’emergenza percepita a maggio 2020 può aver determinato l’aumento dei nati a marzo 2021’, precisa l’Istat, mese in cui si osserva una lieve inversione di tendenza (+4,7%) rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Si tratta dei nati concepiti durante l’inizio della fase di transizione tra le due ondate epidemiche del 2020.

L’incremento è più sostenuto nel Sud (+11,1%), lasciando ipotizzare un recupero nei mesi estivi dei concepimenti rinviati in primavera. Il Nord-ovest è l’unica ripartizione che continua a mostrare una variazione negativa, seppur molto più contenuta rispetto ai mesi precedenti (-0,4%).

Il trend rimane ancora debolmente positivo ad aprile (+1,3% rispetto alle stesso mese dell’anno precedente), per poi tornare negativo soprattutto nei mesi di giugno e luglio (rispettivamente -5,7% e -5,5%), in corrispondenza dei concepimenti avvenuti nel corso della seconda ondata epidemica.

Anche la geografia conferma la relazione con il dispiegarsi della seconda ondata epidemica che, come è noto, ha colpito maggiormente le regioni del Centro-sud. A giugno si osserva il calo maggiore nel Centro (-8,0%) e al Sud (-7,5%), mentre a luglio la diminuzione più consistente si registra nelle Isole (-8,4%).

A partire dal mese di agosto il trend negativo inizia a essere meno marcato, fino a invertire decisamente segno nei mesi di novembre e dicembre in cui si registrano aumenti consistenti di nati rispetto agli stessi mesi del 2020 (rispettivamente +6,8% e +13,5%). Anche la ripresa nei mesi di novembre e dicembre 2021, come già osservato nel mese di marzo, riguarda soprattutto le nascite da donne di 35 anni o più.

I MORTI DI COVID

L’impatto del numero di morti da Covid-19 sulla dinamica demografica è rilevante anche nel 2021, avverte Istat, sia in termini quantitativi che geografici: sono circa 59 mila, pari all’8,3% dei decessi totali per il complesso delle cause, in calo rispetto all’anno precedente quando se ne erano contati oltre 77 mila, il 10,3% del totale.

Anche il totale dei decessi (709.035) risulta in diminuzione rispetto all’anno precedente (oltre 30 mila decessi in menovi) ma è significativamente superiore alla media 2015-2019 (+9,8%).

A differenza di quanto accaduto nel 2020, l’eccesso di mortalità rispetto alla media 2015-2019 non è concentrato al Nord ma si manifesta su tutto il territorio.

È nel Mezzogiorno che si osserva l’eccesso di mortalità maggiore dell’anno 2021 rispetto al periodo 2015-19 (+12,9% di decessi), con regioni come Puglia (+18,5%) e Molise (+14,6%) ben sopra la media nazionale (+9,8%). Al Nord solo la Provincia autonoma di Bolzano e il Friuli-Venezia Giulia presentano un eccesso superiore al 13%.

Il Nord resta sempre la ripartizione con una proporzione maggiore di decessi Covid-19 su decessi totali, con un valore medio della ripartizione per il 2021 del 9%. Il Friuli-Venezia Giulia (14,2%), l’Emilia-Romagna (11,3%) e la Provincia autonoma di Bolzano (10,6%) sono le uniche regioni d’Italia dove si registra più di un decesso Covid-19 su 10, ma la percentuale è in calo rispetto all’anno precedente quando i valori erano superiori al 10% in quasi tutte le regioni settentrionali, con punte di oltre il 20% in Valle d’Aosta. Di contro, nelle regioni centro-meridionali l’incidenza dei decessi Covid-19 sul totale è aumentata nel 2021 rispetto al 2020, dal 6,9% al 7,7% al Centro e dal 5,3% al 7,6% nel Mezzogiorno.

Gran parte dell’eccesso di mortalità correlata al Covid-19 è stato osservato nei primi cinque mesi del 2021, quando la copertura vaccinale era ancora molto bassa. La campagna di vaccinazione, iniziata a fine dicembre 2020, a partire da maggio 2021 ha raggiunto significativi livelli di copertura. Con il progredire della campagna di vaccinazione, la mortalità Covid-19 correlata è significativamente diminuita. Il confronto tra ondate epidemiche di Covid-19 in termini di eccesso di mortalità evidenzia che l’impatto sulla mortalità nei mesi ottobre-dicembre 2021 è più contenuto rispetto alle ondate precedenti.

LE MIGRAZIONI

Nel corso del 2021, continua Istat, si contano in totale 1.743.216 iscrizioni in anagrafe e 1.686.703 cancellazioni. Mettendo a confronto l’andamento dei flussi migratori nelle tre fasi pandemiche in cui si può dividere convenzionalmente il 2021 (seconda ondata, fase di transizione, terza ondata) con la media dei corrispondenti periodi degli anni 2015-2019 emergono significative variazioni.
I movimenti tra comuni hanno coinvolto 1 milione e 412 mila persone, +5,9% rispetto al 2020.

Se si considera la media del periodo 2015-2019 l’aumento dei trasferimenti interni dell’anno 2021 è del 3,9%. L’incremento è stato più contenuto durante la seconda ondata dell’epidemia (+1,5%), a causa delle limitazioni alla mobilità tra regioni che hanno ridotto al minimo gli spostamenti residenziali e durante l’ultimo trimestre (+1,4%). Nella fase di transizione si ha invece una ripresa più sostenuta (+9,0%) sempre rispetto alla media del periodo giugno-settembre 2015-2019.

Le ripercussioni sono state molto più rilevanti sui movimenti migratori internazionali. Nonostante il saldo migratorio con l’estero mostri segnali di ripresa (+156 mila, quasi il 79% in più rispetto al 2020), i movimenti migratori internazionali restano al di sotto della media 2015-2019 (318 mila iscrizioni, 159 mila cancellazioni). Le iscrizioni dall’estero (286.271 nel 2021) crollano nei primi cinque mesi dell’anno rispetto alla media dello stesso periodo per gli anni 2015-2019 (-17,7%), per poi recuperare lievemente nel corso dell’anno pur restando sempre sotto la media del quinquennio pre-Covid (-3,8% nella fase di transizione e -5,3% nella terza ondata). Le cancellazioni verso l’estero (129.482 in totale) mostrano invece aumenti rispetto agli stessi periodi pre-pandemia: una lievissima ripresa durante la seconda ondata (+1,1%), un aumento più consistente durante la fase di transizione (+5,2%) e in corrispondenza della terza ondata (+2,6%).

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