Il nuovo redditometro, almeno per il momento non partirà.
È questa la decisione della premier Giorgia Meloni che, raccogliendo il malcontento nazional-popolare, interviene a mezzo social e annuncia l’immediata sospensione del decreto ministeriale del 7 maggio 2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale appena qualche giorno fa.
L’annuncio arriva dopo una non facile giornata di confronti a Palazzo Chigi tra la premier, il Ministro Giorgetti e il suo Vice Maurizio Leo, di fatto autore e co-autore della norma che reintroduceva l’obsoleto, quanto ingiusto, metodo accertativo noto come redditometro, già a suo tempo accantonato proprio per le inesattezze macroscopiche che derivavano dall’applicazione di sterili indici statistici al reddito dei contribuenti, con risultati abnormi.
Dopo la sospensione le strade possono essere due, o una correzione del decreto con modifiche, o la sua completa abrogazione.
Per quest’ultima soluzione spinge Tajani, che a nome di Forza Italia è stato fra i primi a farsi portavoce del dissenso. Anche i compagni di partito di Giorgetti plaudono a questa immediata sospensione, spingendo anch’essi per il superamento della norma.
È intervenuto sul tema anche il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, affermando che il redditometro è stato utilizzato nel passato dall’amministrazione finanziaria “quando non ha alcun elemento per ricostruire il reddito di un contribuente, come nel caso degli evasori totali che non hanno presentato la dichiarazione, non hanno redditi, ma dimostrano di avere una significativa capacità di spesa”. Proprio l’identikit di quei finti nullatenenti indicati dalla premier come “fenomeno inaccettabile”.
Ma sono moltissimi i commercialisti e gli altri esperti del settore a giurare che non è proprio così.
Intanto la parola passa alle elezioni europee, ma pare certo che molto presto torneremo a parlare di redditometro.
Fabrizio Carta