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L’aumento delle pensioni minime per il 2025 c’è, ma sarà di appena 1 euro e 90 centesimi

Il costo di un cappuccino, meno di quello di un litro di latte. È questo l’aumento che il Governo Meloni ha previsto di dare nel 2025 ai nostri pensionati. Briciole, che hanno il sapore di una vera e proprio beffa.

L’incremento dello 0,8% è stato stabilito dal decreto interministeriale del 15 novembre 2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 27 novembre 2024, e si basa sull’indice di rivalutazione automatica delle pensioni calcolato dall’ISTAT.

Qualche giorno fa, con la consueta circolare di inizio anno, è arrivata anche la conferma da parte dell’Inps, che ha ratificato l’aumentino di 1,90 euro. La rivalutazione straordinaria, quest’anno mantenuta in versione ridotta, scenderà ancora dal prossimo anno.

L’aumento rimane irrisorio nonostante la Manovra abbia confermato, in aggiunta alla rivalutazione ordinaria annuale, anche quella straordinaria, fissata al 2,2 per cento, rispetto al 2,7 per cento del 2024, che scenderà ulteriormente all’1,3 per cento dal 2026.

Sembra di essere su scherzi a parte, ma invece è tutto vero. Addirittura, in assenza di questo 2,2%, i nostri pensionati si sarebbero trovati con meno soldi sul cedolino della pensione.

Agli 1,90 euro al mese si arriva aggiungendo allo 0,8% l’incremento extra previsto per le pensioni minime del 2,2% – per il 2025 – che porta così a quel totale del 3% di rivalutazione il cui risultato è, appunto, 1,90 euro. In questo modo, una pensione minima passa dai 614,77 euro al mese del 2024 ai 616,57 euro nel 2025.

Pronta la levata di scudi delle varie associazioni di pensionati e dei sindacati, che l’hanno definita una vera e propria “presa in giro” da parte del Governo, dopo gli “innumerevoli slogan e promesse elettorali roboanti”.

Aumentare le pensioni basse è sicuramente una priorità – commenta il segretario dello Spi Cgil, Lorenzo Mazzoli –, ma bisogna farlo con misure eque e in maniera strutturale.”. E subito dopo attacca il Governo: “Sappiamo bene però che il governo è molto interessato agli slogan e poco invece ad affrontare con serietà temi così delicati, soprattutto in una fase inflattiva devastante come quella che abbiamo attraversato”.

Fabrizio Carta