“Là fuori non c’è un bel niente”. E’ l’impietosa sintesi con cui Giles Farres, capo della ricerca sul gas di Wood Mackenzie, descrive il dilemma che l’Europa si trova di fronte, sui propositi di sostituire le forniture dalla Russia con altri produttori. In una lunga analisi, il Financial Times spiega quanto sia difficile, vedi impossibile, per l’Unione sbarazzarsi del gas russo senza subire un durissimo contraccolpo.
“Una ricognizione presso i primi 10 produttori globali mostra quanto sarebbe difficile fare a meno del gas russo nel mix energetico europeo, senza imporre drastici tagli ai consumi dell’industria – dice il quotidiano – che farebbero crollare la crescita economica”.

Sul gas, peraltro, c’è molta meno flessibilità nell’operare cambiamenti sulle forniture rispetto al petrolio. Innanzitutto perché gli esportatori sono meno numerosi e prima di diventare tali tendono a sviluppare il loro mercato interno di consumi. Solo successivamente producono in surplus per destinare gas all’estero. Ad esempio l’Iran: di 291 miliardi di metri cubi di gas prodotti nel 2021 ne ha consumati internamente 280 miliardi, quasi tutto. La stessa Russia ha consumato internamente 331 miliardi di metri cubi di gas mentre ne ha esportati in Europa 168 miliardi. Poi c’è il problema di come far arrivare il gas naturale, servono gasdotti, reti fisse quindi, la cui costruzione implica anni di lavori.

Secondo l’Oxford Institute for Energy Studies la Norvegia potrebbe aumentare le sue esportazioni di 5 miliardi di metri cubi, l’Azerbaigian di 3 miliardi di metri cubi. Anche l’Algeria potrebbe aumentare le forniture, ma dovrebbe anche risolvere degli attriti diplomatici con il Marocco che compromettono i flussi da una delle infrastrutture verso la Spagna. E comunque prima deve soddisfare la sua domanda interna.

L’Europa, quindi, che subisce crescenti pressioni dai suoi alleati anglo statunitensi, per i quali le forniture energetiche russe sono praticamente irrilevanti, ma che vogliono che l’Ue recida anche questi legami con Mosca, oltre a quelli già tagliati con le numerose sanzioni già varate, si trova davanti a un dilemma. La mancanza di alternative la costringerebbe a tagliare drasticamente i consumi, o nell’industria o sulle famiglie. “La cosa tecnicamente più fattibile è tagliare sull’industria – è la tesi di James Waddel, direttore sul gas della Energy Aspects – significa pesanti tagli al Pil e perdite di posti di lavoro, piuttosto che far congelare la gente in inverno”. O congelati o disoccupati.

Askanews

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