Si è concluso da poco lo spoglio elettorale che ha visto uscire vincente dal confronto delle urne la coalizione di centro destra, capitanata da Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia.
Analizziamo i contenuti dell’accordo quadro di programma dei partiti vincitori, che dovrebbe tracciare per i prossimi anni le linee guida fiscali ed economiche del nuovo Governo.
Il documento programmatico della coalizione parla in termini generici di riduzione della pressione fiscale per famiglie, imprese e lavoratori autonomi, di revisione o abolizione del Reddito di cittadinanza, di innalzamento delle pensioni minime, sociali e di invalidità, e – nel capitolo dedicato al fisco – di flat tax e pace fiscale.
Per quanto riguarda la flat tax, quasi certamente dovrebbe essere riattivata la soglia di euro 100.000 di fatturato, la cui entrata in vigore era già stata prevista dal primo Governo Conte, ma mai partorita a causa del rimpasto di Governo e dell’uscita di scena di Salvini.
La nuova flat tax dovrebbe prevedere un’aliquota unica (al 15% secondo la Lega, al 23% per Forza Italia) per le partite Iva con fatturato fino a 100.000 euro, contro i 65 mila euro di ricavi dell’attuale regime forfetario, e/o una flat tax sull’incremento di reddito rispetto all’anno precedente, “con la prospettiva di ulteriore ampliamento per famiglie e imprese”.
Ma il punto che oggi incontra di sicuro l’interesse dei più (forse troppi, loro malgrado), è la “pace fiscale”, storico cavallo di battaglia della Lega. In questo caso la formula prevista è quella di un accordo “saldo e stralcio” sui debiti tributari esistenti.
D’altronde il ragionamento fila liscio: sicuramente chi tre anni fa non aveva i soldi per pagare, di certo non li ha oggi dopo due anni di pandemia, inflazione galoppante, aumento dei tassi e dei prezzi, caro bollette, caro materie prime, e quanto di peggio si possa abbattere sull’economia di un paese, mancano solo le cavallette.
Di sicuro in questo modo migliaia di aziende potrebbero essere salvate e i posti di lavoro salvaguardati.
Quello che possiamo sperare che venga fatto al più presto, per quanto abbiamo sentito finora, è bloccare l’invio delle cartelle e le esecuzioni mobiliari e immobiliari, scatenatesi a tappeto subito dopo la sospensione dovuta al Covid, e che da allora non si sono più fermate, colpendo in maniera dura imprese e famiglie.
Tuttavia, la coalizione fresca vincitrice di queste parlamentarie, dovrà trovare presto le coperture che le permettano di mantenere le promesse fatte. Bisognerà quindi aspettare ancora qualche mese per capire quali di questi obiettivi potrà essere realizzato.
L’Osservatorio Cpi dell’Università cattolica ha stimato in quasi 60 miliardi di euro all’anno il costo della flat tax comporta, mentre – sempre secondo l’osservatorio Cpi – siamo lontanissimi dai 500 miliardi di gettito ipotizzati dalla Lega come conseguenza della rottamazione delle cartelle e del “saldo e stralcio”, ma al massimo si arriverebbe a 30 miliardi scaglionati su 5 anni.
A noi non spetta che rimanere in fiduciosa attesa, sperando che non sia il solito gattopardesco cambiamento “perché nulla cambi”, ma che le promesse vengano seriamente mantenute.
Credere non costa nulla, tutto il resto invece non si può comprare più!
Ad Maiora!
Fabrizio Carta