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Diventa legge l’obbligo di assicurazione contro i rischi catastrofali. Un’altra tegola per le aziende

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto del 31 gennaio del Mef, dalla fine di questo mese scatterà l’obbligo per tutte le imprese di dotarsi di specifiche polizze assicurative a copertura delle calamità naturali. Come se non bastassero già le tasse, le tariffe e i balzelli esistenti, che vessano quotidianamente i nostri imprenditori.

È stata la legge di bilancio dello scorso anno ad introdurre tale obbligo, pensato proprio allo scopo di limitare gli indennizzi pubblici alle imprese causati dalle calamità naturali, disposizione rimasta finora sospesa solo in attesa del Decreto attuativo, arrivato lo scorso 31 gennaio.

Ancora una volta, e come sempre più spesso avviene, lo Stato sposta sulle spalle delle imprese un onere che dovrebbe essere il suo, specie se consideriamo che oramai più di metà di quello che guadagna un imprenditore va a finire tra le fauci dell’insaziabile Leviatano pubblico.

L’obbligo riguarderà tutte le imprese iscritte al Registro delle Imprese, con sede legale in Italia, e le imprese non residenti con stabile organizzazione in Italia.

Ad essere dotati di una specifica assicurazione contro i danni da catastrofe dovranno essere tutti i cespiti aziendali, quindi non solo i beni immobili, ma anche impianti, macchinari, e tutte le attrezzature industriali e commerciali iscritti nei libri dei cespiti aziendali.

Gli eventi naturali i cui danni vanno coperti obbligatoriamente dal contratto assicurativo, sono terremoti, frane, alluvioni, inondazioni ed esondazioni.

Siamo però “fortunati”, visti i tempi che corrono. L’assicurazione, infatti, può non essere estesa ai danni causati da una guerra mondiale o da “semplici” azioni terroristiche.

I premi non saranno forfetari, ma devono essere “proporzionali al rischio”, quindi dipenderanno dal luogo dove si trovano i beni.

Di conseguenza, un’assicurazione costerà di più sotto l’Etna o intorno al Vesuvio, nelle zone dell’Emilia-Romagna, ancora in ripresa dopo le ultime alluvioni, ma anche nel nostro Vicentino, dove sono ancora vividi i ricordi delle ultime esondazioni del Bacchiglione.

Condivisibile quindi il dubbio che hanno oggi molti operatori di riuscire a continuare a fare impresa in queste zone.

Basti pensare che proprio in Veneto è bastato il ripetersi di episodi estremi di grandine, per veder “sparire” da alcune polizze la copertura contro tale evento, o negli altri casi aumentarne il costo in misura più che esponenziale, proprio per dissuadere chi volesse ancora farla.

Il bello (o il brutto, fate voi) è che non può nemmeno definirsi una marchetta alle assicurazioni. Infatti, le prime società a schierarsi contro tale obbligo sono state proprio quelle assicurative, che ad ogni evento calamitoso correranno il rischio di saltare.

Le società assicurative, infatti, sono obbligate ad offrire la specifica copertura richiesta dalla legge alle aziende, anche se – per fortuna loro – possono fissare un “limite di tolleranza al rischio”, ovvero un limite massimo di rischio che intendono assumere. Raggiunta tale soglia massima, che dovranno comunicare all’Ivass, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, non saranno più obbligate a contrarre.

Per il momento non è prevista alcuna sanzione specifica per le imprese che non provvedano alla sottoscrizione di una polizza. Tuttavia, la mancata ottemperanza all’obbligo potrà comportare l’esclusione da sostegni finanziari, sovvenzioni o benefici economici da fondi pubblici, inclusi quelli destinati a fronteggiare situazioni di emergenza causate da calamità naturali e disastri.

E, mi raccomando, niente assicurazione contro la terza guerra mondiale ed esplosioni di atomiche, che costa troppo.

F.C.

 

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