“Se devi commettere peccato, fallo contro Dio, ma non contro la burocrazia. Dio ti perdonerà ma la burocrazia no.”, così diceva Hyman Rickover ammiraglio e medico statunitense, pioniere della propulsione atomica navale.
E non conosceva ancora la nostra, di burocrazia!
Con la Finanziaria 2025 è stato infatti introdotto un (altro, ulteriore, ennesimo) nuovo obbligo per le imprese, ma in forma talmente contorta che per spiegarlo alle camere di commercio stesse c’è voluta una nota ministeriale, pubblicata lo scorso 12 marzo dal MimIt (che non è un insulto in dialetto napoletano, ma il Ministero delle Imprese e del Made in Italy di questo Governo).
Con l’entrata in vigore della nuova disposizione, dal primo gennaio, tutti gli amministratori di società, dovranno dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata personale, da utilizzare come domicilio digitale per la carica, da depositare in camera di commercio, estensivo dell’obbligo di domicilio digitale già esistente da qualche anno per tutte le imprese.
Eh sì, in effetti ne sentivamo la mancanza, di nuovi obblighi, di nuove comunicazioni, e di nuovi indirizzi di posta elettronica da gestire.
“La disposizione normativa, non perfettamente coordinata con il contesto normativo in cui è inserita, determina la necessità di fornire indicazioni interpretative volte a consentirne una applicazione conforme alla ratio delle disposizioni vigenti”, afferma il MimIt nella sua nota. Be’, ancora una volta non si sono capiti manco loro.
Il nuovo obbligo, come spiega il MimIt, riguarderebbe gli amministratori di tutte le “imprese costituite in forma societaria”. Il perimetro della norma ricomprende quindi tutte le forme societarie, siano esse società di persone o di capitali, secondo le quali si può svolgere un’attività imprenditoriale.
Sono escluse di conseguenza le società semplici, cui non è consentita lo svolgimento di attività commerciali, ad eccezione di quelle che esercitano l’attività agricola, i consorzi e le società consortili, e tutti gli enti giuridici non costituiti in forma societaria.
Individuato l’insieme delle imprese cui la norma risulta applicabile, i soggetti il cui recapito di posta elettronica certificata deve costituire oggetto di comunicazione al registro delle imprese, sono da individuarsi nelle persone, fisiche o giuridiche, cui formalmente competono i poteri gestori degli affari sociali della società.
Il riferimento dell’obbligo alle persone che svolgono l’incarico, e non all’organo in quanto tale, comporta che, se ci sono più amministratori dell’impresa, debba essere iscritto un indirizzo PEC per ciascuno di essi. Ad abundantiam.
Gli amministratori dovranno dotarsi di una pec propria e personale. Non possono infatti utilizzare quella stessa già utilizzata dalla società. L’indirizzo di posta elettronica, domicilio digitale dell’impresa, comunicato alla locale camera di commercio, deve rimanere per legge «nella titolarità esclusiva della medesima».
La norma introduce l’obbligo, ma dimentica di fissare un termine per l’adeguamento delle imprese.
Anche a questa amnesia pone rimedio il MimIt, che fissa al 30 giugno 2025 la data di scadenza per comunicare al registro delle imprese gli indirizzi PEC dei propri amministratori.
L’iscrizione della pec degli amministratori avverrà in esenzione dell’imposta di bollo e dei diritti di segreteria.
Ma naturalmente, non sarà “una semplice comunicazione gratuita”, come ogni volta i burocrati sono soliti dire.
Infatti, oltre al fatto che la casella di posta elettronica certificata ha un suo costo annuo, che dipende dal gestore, non si possono non considerare i costi del servizio di chi si occuperà della pratica camerale di deposito della pec al registro imprese, o addirittura – per chi è poco avvezzo alla tecnologia o non ha tempo di occuparsene – il costo annuo di gestione e monitoraggio della casella di posta elettronica certificata.
Nella norma manca anche una specifica previsione sanzionatoria. Il MimIt ritiene applicabile quella generale di cui all’articolo 2630 c.c., che punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria da 103 euro a 1.032 euro le omissioni di denunce e comunicazioni o depositi al registro delle imprese.
E, come diceva il grande Honoré de Balzac, “la burocrazia è un meccanismo gigante mosso da pigmei”. Ma a nostre spese.
Ad maiora
Fabrizio Carta