“Siamo stati tutti azzerati nelle nostre certezze perché anche la comunità scientifica si è trovata a fronteggiare una materia incerta: il Covid. Per questa ragione il cittadino è diventato vittima di credenze più o meno oggettive“. Sono le parole di Guendalina Graffigna, ordinario di psicologia dei consumi e della salute alla Cattolica Sacro Cuore e direttrice del centro di ricerca EngageMinds hub, sempre presso l’università milanese. Interpellata dalla Dire, Graffigna spiega i meccanismi mentali che ci rendono sospettosi, sfiduciati, che hanno condotto diverse persone a negare l’esistenza del virus, a credere ad informazioni non verificate e ora a mostrarsi recalcitranti sul vaccino. Osservazioni che ha anche raccolto in un libro pubblicato recentemente per il Pensiero Scientifico dal titolo eloquente ‘Gli Esitanti’.
“Le false credenze esistono sul Covid, sui vaccini e su tutti i fattori di rischio, tanto che il lavoro più difficile è proprio quello di prevenzione ed educazione alla prevenzione – spiega Graffigna. Le credenze derivano dai nostri filtri mentali, da come selezioniamo le informazioni e diamo loro senso. Spesso facciamo una selezione delle informazioni in ragione dei nostri pregiudizi ma anche in ragione della sovraesposizione mediatica, quindi da un punto di vista psicologico c’è una selezione ‘naturale’ delle informazioni: per sopravvivere in modo economico, mentalmente, usiamo delle scorciatoie mentali, ovvero le euristiche, e scegliamo le informazioni che confermano i nostri giudizi e pregiudizi – chiarisce la docente. È un filtro interpretativo della realtà”.
“DALL’ANSIA AL FATALISMO, MONTAGNE RUSSE EMOTIVE“
“Questa pandemia ci ha attivato molto sul piano della paura e dell’ansia, il problema è che riusciamo a tollerare un picco di questo tipo per un periodo breve, poi i nostri meccanismi mentali adattivi ci portano a negarlo oppure ci abituiamo e alziamo l’asticella della tolleranza alla frustrazione emotiva, diventando fatalisti. La dimensione emotiva-psicologica è un po’ come le montagne russe: dal picco di ansia alla rabbia, alla tristezza e alla depressione, alla motivazione e alla positività per poi cadere di nuovo”, spiega ancora Graffigna. La professoressa, interpellata dalla Dire, parla addirittura della “elaborazione del lutto che viene anche paragonato all’elaborazione di una diagnosi medica grave. Questa intensità ci porta a cercare delle cause e degli untori, ovvero un meccanismo mentale comune che può diventare anche un meccanismo sociale che vuole trovare il colpevole della sofferenza che stiamo vivendo. Da qui – spiega Graffigna – la teoria del complotto e dello scetticismo, processi che a volte sono alimentati dalla semplificazione nella lettura degli eventi, quando ad esempio abbiamo individuato in alcune categorie di persone la causa dei contagi: pensiamo ai giovani e alle discoteche. Il problema è che questo meccanismo lo portiamo avanti con le nostre intuizioni e non con un approccio scientifico, tanto che arriviamo, possiamo arrivare, ad essere paranoici. Da un punto di vista sociale siamo in un periodo di estrema fluidità sociale, la società liquida di Bauman: nessun riferimento autorevole dalla comunità sociale che ci rassicura, una sorta di incertezza per cui i riferimenti variano da cultura e subcultura, da contesti sociali, economici – spiega l’esperta. “Questo mina la fiducia dei singoli nella comunità perché viviamo – gioco di parole – in un contesto di sfiducia complessiva, in cui si sospetta di chiunque, e questo anche prima del Covid. Pensiamo ai consumi – richiama all’attenzione la professoressa di psicologia che è anche direttrice del centro di ricerca EngageMinds hub presso la Cattolica. “Come centro di ricerca lo studiamo sull’alimentazione: un esempio sono i prodotti ‘senza’. C’è una crescita di prodotti senza olio di palma, senza glutine o senza lattosio che vengono scelti senza esigenze mediche ma perché siamo spinti da false credenze: se esiste un’opzione senza quel prodotto vuol dire, in questa pura equazione psicologica, che non fa bene, che il nutriente è negativo. Abbiamo appena fatto un esperimento di questo tipo, sempre con il centro di ricerca, su cui pubblicheremo i dati a breve: ci sono fattori psicologici inconsapevoli che portano a scegliere i prodotti con un’etichetta ‘senza’ per una reazione paranoica o di sospetto – spiega l’esperta, che aggiunge: “la stessa cosa avviene sui vaccini“.
“C’È AMPIA QUOTA DI CHI HA DUBBI SU CAMPAGNA VACCINALE”
“Come centro di ricerca abbiamo monitorato gli atteggiamenti verso i vaccini anti Covid a partire da maggio 2020 quando il vaccino ancora non esisteva: da allora, abbiamo individuato una sacca di persone dubbiose, i cosiddetti esitanti. Non solo no-vax, che peraltro è un’etichetta e non dobbiamo cadere preda di meccanismi semplificatori; gli esitanti non esistono, esistono le persone che sono fortemente contrarie ai vaccini, per diverse ragioni valoriali, ideologiche, politiche, ma è una percentuale molto piccola”, spiega ancora Graffigna. “Quello che invece è una quota più ampia riguarda coloro che esprimono dei dubbi sulla campagna vaccinale – aggiunge l’esperta – e che probabilmente si concluderà con un’adesione al farmaco: c’è chi è attendista, chi ha avuto problemi pragmatici, organizzativi, chi ha perplessità rispetto all’efficacia e alla sicurezza, nonché ai processi di sviluppo del vaccino. Quello che per gli scienziati è stata una conquista straordinaria, i tempi di realizzazione del vaccino, non è stata apprezzata altrettanto da queste persone, che ricordiamo – sottolinea Graffigna – non sono scienziati. Tutto questo è stato condito da come è stata condotta la comunicazione sui vaccini: gli esperti hanno offerto il fianco alla confusione, se riguardiamo alle vicende comunicative un po’ di vulnus ci sono stati, chiaramente in buona fede. Dal 27 dicembre, quando si è detto che ‘uscivamo dal tunnel con il vaccino’, si è creata una falsa credenza: quella grande libertà promessa con il farmaco anti Covid è stata disconfermata dagli avvenimenti, da vincoli pragmatici-organizzativi, da difficoltà di approvvigionamento, da ritardi nelle forniture e ora dalle varianti. Questo non è stato adeguatamente recepito dalla popolazione (non da tutti almeno) e anche ora, parlare di variante delta che può colpire persone che hanno ricevuto la somministrazione, è un ulteriore elemento che complica il piano dal punto di vista percettivo. È quindi un’analisi della percezione da parte delle persone, quella in cui si addentra Graffigna, che spiega: “la psicologia è complessa e nelle situazioni di grande incertezza i meccanismi semplificatori di pensiero ci portano a ragionare per salti logici e la comunicazione su questo deve essere attenta a non generare false credenze, perché una credenza che oggi può essere funzionale, come a fine dicembre il vaccino che ci avrebbe portato fuori dalla pandemia entro pochi mesi, può rivelarsi un boomerang sui cittadini, che non riescono a rimettere insieme i pezzi di questa narrazione”.