‘È necessario che tutti, dai frequentatori dei territori montani ai decisori politici, maturino la consapevolezza che oggi rivestiamo un ruolo fondamentale nel giocare in un campo che ha cambiato caratteristiche e dimensioni; invece ci ostiniamo a ‘giocare’ con le regole vecchie quando abbiamo necessità di nuove regole per le nuove condizioni. I soci del Cai devono essere i primi a saper giocare in questo campo acquisendo le nuove regole, perché l’ambiente è cambiato. I servizi ecosistemici devono rappresentare il rinnovato paradigma per gestire queste regole, necessarie per un’attività sostenibile in grado di valorizzare l’economia della montagna’. Utilizza una metafora Riccardo Santolini, professore associato dell’Università di Urbino (dove insegna Ecologia, Didattica ambientale e Sostenibilità e Didattica delle scienze naturali), per sintetizzare, in una intervista pubblicata sulla testata online del Cai ‘Lo Scarpone’, l’intento e gli obiettivi del 101esimo Congresso nazionale del Cai, intitolato ‘La montagna nell’era del cambiamento climatico’, di cui è coordinatore scientifico.
Il Congresso (il 25 e 26 novembre a Roma), insieme al suo percorso di costruzione, rappresenta un’opportunità di ampio confronto interno ed esterno, in cui il Cai intende rafforzare il proprio impegno civile per la tutela e la valorizzazione della montagna. Il ragionamento scientifico che sta alla base dei lavori ha come fondamenti costituzionali l’articolo 9 (‘La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversita’ e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali’) e l’articolo 41 (“L’iniziativa economica privata e’ libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla liberta’, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”).
Qual è il vero peso, ancora oggi non del tutto compreso, dei servizi ecosistemici? ‘Ci troviamo- risponde Santolini- a dover essere consapevoli delle importanti funzioni della montagna, cioè di quei benefici, diretti o indiretti, che essa produce per ognuno di noi e per tutto il territorio nazionale. Queste funzioni rappresentano un valore oltre che ecologico anche economico, che deve essere riconosciuto ai territori montani e alle attività che ne mantengono funzioni e valore. Già Gortani fece inserire nella Costituzione il secondo comma dell’articolo 44 e, nel 1952 da senatore, fece approvare la prima legge per la montagna e pose le basi per quella sul sovracanone idroelettrico del 1953, primo vero pagamento dei servizi ecosistemici ante litteram relativi a opere di sistemazione montana che non siano in competenza dello Stato. La lungimiranza del geologo naturalista Gortani si concretizza ora con la possibilità di valutare concretamente il capitale naturale e le sue funzioni, che diventano servizi in relazione alla domanda antropica, diventando così un bene pubblico. La capacità degli ecosistemi di fissare anidride carbonica, produrre ossigeno, trattenere il suolo, depurare le acque ecc. caratterizzano quel lavoro della natura che oggi possiamo valutare anche economicamente, determinando così le basi per un vero bilancio ecologico-economico, nel quale individuare, in un’unità territoriale definita, chi è che produce servizi, le attività che li mantengono e chi li ‘consuma’ e li altera. Del resto, già numerose leggi, anche regionali, indirizzano in questo senso e quindi il Cai, consapevole di ciò, si può porre come incisiva funzione sociale intermedia di stimolo e proposta tra saperi esperti e risorse contestuali locali, contribuendo così a rigenerare impegno responsabile e cultura civile condivisa e favorendo quelle azioni che nei territori montani garantiscono benefici per la collettività’.
Alpi e Appennini, uniti in quanto montagne, devono essere distinti per quanto riguarda gli aspetti antropologici e naturali? ‘La diversità- dice ancora Santolini nell’intervista a ‘Lo Scarpone’- deve essere una ricchezza, non un elemento di separazione, l’abbiamo visto e provato in più di una situazione. Questa diversità è tipica del nostro Paese, di fatto siamo una nazione unica al mondo per caratteristiche biogeografiche, antropologiche ed ecologiche, e la biodiversità che la nostra montagna esprime deve essere una fantastica ricchezza: andiamo dal Monte Bianco fino ai territori montani dell’isola di Pantelleria, più a sud della Tunisia. Questa diversità deve unire piuttosto che dividere. L’attitudine secolare al paradigma della montagna – inteso come vocazione all’ideale alpino – consente al Cai di essere, e venire percepito, come solido produttore di senso e autentico operatore di fiducia. Quindi nella consapevolezza di un concreto cambio di paradigma ecologico ed economico, dobbiamo attivare quelle opportunità di connessione, fisica ecologica e sociale, che fa della montagna italiana una splendida realtà che si sviluppa in mezzo al Mediterraneo. È vero che le Alpi sono diverse dagli Appennini, ma è proprio questo che ci offre la possibilità di promuovere approcci diversi alla montagna e alla sua differente ecologia, da utilizzare e sviluppare in forme diverse, ma con gli stessi criteri di valorizzazione degli ecosistemi e delle realtà territoriali’.