C’è o non c’è un allarme sette? Satanisti, maghi, santoni, sacerdoti del chakra, sciamani: torna costante, su alcuni media, complice anche qualche caso di cronaca nera, la storia dell’allarme sette, ma spesso, nel calderone delle cosiddette sette finiscono religioni e comunità che sette (vedremo che non esiste una definizione precisa di cosa siano) non sono affatto, ma sono piuttosto religioni di minoranza.

L’IPOTESI COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA

Si discute di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno, ma numeri e definizione di cosa sia una setta restano la prima grande incognita ed è proprio questo, secondo alcuni studiosi ed esperti, a rendere fumoso il fenomeno e la sua entità, e soprattutto a rappresentare un rischio per la libertà di fede di tutti, e forse per la libertà pura e semplice.

Il docente denuncia nel libro la costruzione di un’autentica ideologia anti-setta che rievoca, questo è bene ricordarlo, nel metodo e nei principi, lo spauracchio del teorema della manipolazione mentale (l’alienazione che conosciamo in tanti casi di violenza domestica occultata ad esempio) e il famoso reato di plagio che la Corte Costituzionale ha cestinato con la sentenza 96 del 1981.

IL REATO DI MANIPOLAZIONE

Insomma le sette ‘manipolano’ e questo è un reato che andrebbe reintrodotto. Chi traccia i confini e il tenore di questa manipolazione e cosa sia la setta però resta nei confini di uno spazio vago dove diventa facile accusare chiunque di essere un manipolatore: un credente qualsiasi, ma anche un innamorato, un amico, una moglie, una madre.

COS’E’ UNA SETTA

Il primo aspetto da analizzare è proprio “l’indefinitezza e l’incapacità di definire l’oggetto di cui si sta parlando cioè la setta. Non c’è una definizione precisa”, spiega all’agenzia Dire Raffaella Di Marzio, studiosa e direttrice del centro studi Lirec, che ricorda: “Sulla questione dell’esistenza delle sette si va a chiedere alle Istituzioni di intervenire, allora diventa indispensabile definire cosa sia una setta o si può colpire chiunque. Bisognerebbe avere una definizione ampiamente condivisa e chiara e distinguere cosa non siano le sette e quindi cosa non sia pericoloso. Ecco questo è impossibile perché i comportamenti negativi attribuiti alle sette (la violenza ad esempio) si verificano anche nelle religioni canoniche– precisa Di Marzio- pensiamo alla Chiesa cattolica e alla pedofilia. E’ rimasto il reato di circonvenzione di incapace a tutela delle persone fragili: quanti casi ci sono di anziani raggirati da parroci. Sono reati questi che hanno a che fare con l’individuo: se non c’è una definizione precisa di setta, e non c’è, la legge ‘speciale’, da tanti invocata, può colpire chiunque. Si parla di sette e si tirano in ballo- fa un esempio la direttrice del centro Lirec- i Testimoni di Geova che setta non sono: sono una congregazione e una fede ben precisa”.

I CASI

Chi lancia l’allarme sette solitamente cita condanne, pensiamo ai casi Vanna Marchi o alla storia delle Bestie di Satana: “Ma allora- continua Di Marzio- se i Tribunali hanno condannato senza leggi speciali e senza bisogno di creare definizione ad hoc di setta, allora non c’è bisogno di farlo. Siamo invece al paradosso che queste associazioni anti-sette chiedono alle Istituzioni di definire le sette”.

Le Bestie di Satana erano una setta? L’esperta dice: “Era una setta criminale, erano ragazzi tossici, abbandonati con un capo che era uno psicopatico. Erano criminali. Allora quando sento definire setta i Testimoni di Geova, o i buddisti della Soga gakkai, che non hanno mai creato un problema alla sicurezza dello Stato, li stiamo paragonando alle Bestie di Satana?”.

Ricorda la direttrice del centro Lirec che in un “libro erano state definite setta le suore di Madre Teresa perché erano ragazze che abbandonavano le famiglie. Allora sono setta tutte le suore di clausura, e nei conventi dovremmo pensare che si manipola la mente di chi vi entra?”.

Di Marzio sottolinea inoltre che in queste pubblicazioni che lanciano allarmi sulle sette vengono spesso “citate al pubblico solo sentenze, definitive o no, che confermano l’esistenza di reati o abusi che si sono verificati dentro gruppi definiti sette.

E’ il caso- ricorda- di Roberta Repetto che rifiutò le chemioterapie e morì di cancro metastatico a 40 anni. Paolo Bendinelli, responsabile del centro olistico di cui Roberta faceva parte da anni, nella sentenza d’appello è stato prosciolto da tutte le accuse, ma se si cita solo la sentenza di primo grado, che lo aveva condannato, questo ovviamente non emerge”.

Altra nota dolente secondo Di Marzio, che ricorre nei sostenitori dell’allarme sette è che nel loro allarme: “Non vengono citate le fonti. Attaccano gli studiosi che cercano senza preclusioni di studiare questi gruppi, ci chiamano apologeti delle setta e di essere corrotti”.

MICHELLE HUNZIKER

Altro ‘cavallo di battaglia’ dell’ideologia anti-sette è il teorema che chi entra in questi gruppi non ne esce più. “Per quanti ne entrano, altrettanti ne escono e già negli anni 90- ricorda la direttrice del Lirec- hanno definito questi gruppi ‘porte girevoli’: è vero il contrario. Poi è vero ci sono eccezioni, qualcuno ne esce male, qualcuno bene”. Come non ricordare la confessione di Michelle Hunziker, la quale dopo un lungo periodo lontano dagli schermi tornò proprio per raccontare la sua vicenda. “Il fenomeno antisette- approfondisce Di Marzio- ha le sue radici in Francia dove la laicità è di fatto ostilità alla religione, qualsiasi essa sia.

Vive inoltre su due pilastri: genitori impauriti che non accettano le scelte dei loro figli e studiosi che costruendo un fenomeno che non c’è si sono trovati ad avere lavori e ruoli. Il CeSAP- ricorda l’esperta- a cui aderiscono molti dei sostenitori dell’allarme sette- è nel direttivo del Fecris (Federazione Europea dei Centri di Ricerca e di Informazione sulle sette e i Culti), organizzazione internazionale creata nel 1994 proprio per combattere le sette. Ma voglio ricordare- conclude Di Marzio- che è stato il Consiglio d’Europa a ricordare di non usare la parola setta, invitando a creare gruppi di studio sul fenomeno e di non emanare leggi penali speciali, ma di seguire le normali procedure del codice di diritto penale”.

Perchè l’Italia dovrebbe andare in altra direzione? Per avere un nuovo caso Braibanti, il poeta omosessuale accusato di plagio dai familiari del fidanzato? E per tornare ad accusare magari un insegnante, un terapeuta, una mamma o chiunque decida liberamente della propria vita?

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