Secondo uno studio Ipsos sui Veneti e l’Unione europea commissionato dall’eurodeputato veneto Gianantonio Da Re (Lega), che tra il 23 e il 31 marzo 2021 ha coinvolto un campione di 1.000 veneti maggiorenni con tecnica mista Cawi, di cui il 47% e’ non occupato, il 16% ha una laurea, il 33% un diploma e il 51% un titolo di studio inferiore, il 51% dei veneti ha poca fiducia nell’Ue, il 54% ha poca fiducia nel Parlamento europeo, il 54% ha poca fiducia nella Commissione europea e il 53% ha poca fiducia nella Banca centrale europea. Il 45% ha un giudizio positivo sull’appartenenza all’Unione europea (12% molto positivo e 33% piuttosto positivo), il 28% ha un giudizio piuttosto negativo, il 14% molto negativo e il 13% non ne ha idea. Secondo il 49% degli intervistati l’Italia ha dato all’Ue piu’ di quanto ha ricevuto, per il 20% ha dato quanto ha ricevuto e solo per il 5% ha ricevuto piu’ di quanto ha dato. Il 34% degli intervistati ha un giudizio molto negativo sulla gestione della pandemia da parte dell’Ue, il 25% ha un giudizio piuttosto negativo, il 28% un giudizio positivo e l’8% un giudizio molto positivo. Le cose vanno leggermente meglio se si guarda alle politiche di ripresa economica, sulle quali l’Ue ha fatto molto male per il 28% dei partecipanti, male per il 23%, piuttosto bene per il 29% e molto bene per il 12%. Per il 57% degli intervistati e’ importante rafforzare l’Unione (27% molto importante, 30% abbastanza importante), mentre per il 15% e’ poco importante e per un altro 15% non e’ importante per nulla. Nell’ipotesi di un voto sull’uscita dall’Ue, il 42% degli intervistati voterebbe per restare nell’Unione, il 32% per uscire e il 26% non lo sa. Il 52% voterebbe poi a favore del mantenimento della moneta unica, il 31% vorrebbe tornare ad una moneta nazionale e il 17% non lo sa.
Il 43% degli intervistati vorrebbe pero’ diventare meno europeista in futuro, contro il 39% che vorrebbe diventare piu’ europeista. Per il 32% degli intervistati, infine, l’Ue andrebbe ridisegnata per diventare una vera unione e non una somma di Stati separati, per il 30% ande ridefinita per stabilire nuove regole di funzionamento meno legate al potere dei singoli Stati membri, per il 21% l’Ue non dovrebbe avere futuro perche’ il Covid ha dimostrato che non esiste solidarieta’ tra gli Stati membri e per il 7% non dovrebbe avere futuro perche’ e’ spaccata tra Paesi del nord e Paesi del sud.
Agenzia Dire