Eroi da 1.500 euro al mese, festivi e notti incluse. Nonostante una formazione professionale universitaria solida e specializzata, l’obbligo di ‘elevare’ la qualità del servizio, la necessità di preservare gentilezza nel contatto umano e lo svolgimento del proprio lavoro all’interno di una programmazione che si muove in bilico tra il contenimento della spesa e la carenza di organico.
Nell’emergenza coronavirus, anche loro portano sul viso i solchi e gli arrossamenti di ore di mascherine, nelle ossa la stanchezza di turni lunghi e di pressioni psicologiche. Nel cuore la paura dei pazienti e di quegli anziani che in loro vedono dei figli, giovani e sorridenti, al loro fianco fino alla fine.
“In Italia mancano 50mila infermieri – ha spiegato Stefano Bigarella, vice-presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche della provincia di Vicenza e infermiere Suem118 – Mancano a causa di un lungo programma di contenimento della spesa, che è passata anche dal taglio del personale, ma mancano anche perché per 1.500 euro al mese, comprensivi di notti e festività lavorate, le persone non sono disposte ad affrontare un lavoro che, se pur ricchissimo di soddisfazioni, è indiscutibilmente un lavoro duro, in alcuni momenti estremamente rischioso (siamo a livello nazionale la gran parte degli operatori risultati positivi a COVID-19), con elevate responsabilità e socialmente poco riconosciuto”.
Non vogliono essere chiamati ‘eroi’, vogliono semplicemente che la loro professione venga retribuita e riconosciuta come merita. Il tutto proprio nel 2020, anno che l’Oms ha definito ‘l’anno internazionale dell’Infermiere e dell’Ostetrica’.
“Mai come ora il personale sanitario è stato sottoposto a prove così dure e impegnative: fisicamente, psicologicamente e moralmente –
Dopo Michele Valente, presidente dell’Ordine dei Medici di Vicenza, che ha invitato ad una riflessione sul ‘Modello Italia’ in ambito sanitario, è la volta degli infermieri.
“Il ‘Sistema Salute’ italiano è ritenuto a livello unanime tra i migliori del mondo per qualità, costi e prestazioni erogate, ma come infermieri non ci siamo mai illusi che questo sarebbe stato per sempre – ha continuato Bigarella – Per anni abbiamo chiesto che si intervenisse per minimizzare gli impatti di una serie di minacce che intravedevamo all’orizzonte: mutamenti demografici ed epidemiologici sopra tutti. Questa pandemia ha drammaticamente accelerato il tempo e ci ha scaraventato in un futuro che i più non volevano vedere. Un italiano su cinque oggi ha più di 65 anni e domani saranno, saremo, tre su cinque, ma scontiamo questa elevata sopravvivenza con una peggiore qualità di vita, con limitazioni gravi o moderate, abbiamo una o spesso più patologie croniche e siamo più vulnerabili, più facilmente attaccabili, anche dai virus. Questo, in
Coronavirus, i medici di Vicenza: ‘ Osannata nostra sanità, ma non c’è da vantarsi’