GI – Poco più di 6 italiani su 10 sono favorevoli all’uso dell’Intelligenza artificiale in ambito sanitario, di questi l’88% la userebbe per semplificare il linguaggio dei referti, l’86% come supporto al medico per effettuare una diagnosi e l’80% come aiuto per stabilire una terapia farmacologica adeguata, mentre quasi 6 italiani su 10 la utilizzerebbero come strumento per un’autoanalisi. Un altro rischio, oltre al “fai-da-te”, è che per 7 italiani su 10 l’AI potrà causare una perdita della relazione e del contatto diretto con il medico. Sono questi i primi dati che emergono dall’indagine di EngageMinds Hub – Centro di ricerca in psicologia dei consumi e della salute dell’università Cattolica, campus di Cremona.
Gli italiani sembrano dunque essere ben disposti verso questa tecnologia innovativa che sta cambiando il modo di diagnosticare, trattare e gestire le malattie. Stando a quanto rilevato dal Monitor continuativo del centro di ricerca, gli italiani a favore dell’uso dell’Intelligenza Artificiale provengono dal Sud e dalle isole (68%), si orientano politicamente al centro (67%), hanno fiducia nel Sistema Sanitario Nazionale (74%) e nelle istituzioni (77%). E ancora sono coloro che hanno consapevolezza del ruolo della scienza nella società (71%), quanti hanno una propensione alla ricerca delle informazioni (71%) e coloro che sono consapevoli dell’importanza della salute (67%). Mentre chi non vede di buon occhio l’utilizzo dell’AI proviene dal Nord – Est (57%) e non si schiera politicamente (49%).
Poco più di 7 italiani su 10 pensa che le tecnologie digitali in cui rientra anche l’AI potranno ridurre i costi a lungo termine, poco meno di 7 su 10 ritiene che possa esserci un miglioramento nei monitoraggi tramite device, mentre poco più di 6 su 10 si aspetta che le AI migliorino le diagnosi. Da rilevare come il livello di scolarizzazione rappresenti una discriminante nel dare valore al ruolo delle tecnologie digitali: chi ha una licenza media non concorda con il fatto che le tecnologie digitali possano migliorare il monitoraggio della salute tramite device (58%) e non crede che l’uso di queste tecnologie in ambito sanitario possa portare ad un miglioramento delle diagnosi (53%).
Nonostante l’AI nell’ambito salute sia promettente, sono diversi i rischi percepiti dagli italiani connessi all’utilizzo di questo tipo di tecnologie. Per 7 italiani su 10 l’AI potrà causare una perdita della relazione e del contatto diretto con il medico, mentre per poco più di 6 su 10 è possibile che ci possano essere sia difficoltà nell’utilizzo degli strumenti digitali per la mancanza di confidenza o competenza sia errori da parte delle Intelligenze Artificiali. Un ulteriore pericolo che gli italiani avvertono è legato ai propri dati sensibili: per il 63% l’uso dell’AI potrà causare delle problematiche legate alla gestione della privacy, mentre per il 60% le problematiche sono collegate alla diffusione dei dati sensibili.
“Sebbene l’Intelligenza artificiale sia sempre più vista come un prezioso strumento per migliorare la precisione diagnostica nella medicina moderna, persiste una percezione contrastante tra gli esperti e i pazienti”, continua Graffigna. “Mentre gli scienziati accolgono con favore l’IA come un ausilio in grado di affinare le diagnosi e migliorare l’efficacia dei trattamenti, molti pazienti esprimono perplessità e timori riguardo al suo impatto sulla relazione clinica. La paura che l’IA possa ridurre l’interazione umana e la comprensione empatica del medico è tangibile. È essenziale quindi – conclude – affrontare queste preoccupazioni con trasparenza e comunicazione efficace, mettendo in pratica tutte quelle azioni che vanno verso la valorizzazione del Patient Engagement nel percorso di cura”.