Giovanna Pedretti non ha retto alle critiche e agli insulti ed ha preso la via del Lambro. Il suicidio come unica via di fuga.
Era diventata famosa per la recensione omofoba e abilista sulla sua pizzeria, a cui diceva di aver risposto con cortesia e fermezza, censurandone i contenuti e invitando il cliente a non tornare.
Passato qualche giorno la sua verità ha iniziato a scricchiolare. Entra in gioco Lorenzo Biagiarelli, fidanzato di Selvaggia Lucarelli, diventato famoso per vantare in curriculum di “essere fidanzato della Lucarelli”.
Biagiarelli la chiama chiedendo alcune delucidazioni sullo screenshot, la Pedretti vacilla, risponde che era “andata dai carabinieri per tutelarsi su questa cosa e dare la sua versione”. La telefonata, scrive il sedicente chef, dura solo sei minuti.
Il fidanzato della Lucarelli posta sui social il riassunto della chiacchierata, concludendo così: “Per me finisce qui, a meno che non mi convochino i carabinieri. Finisce qui anche per umana pietà per la signora e per la sua attività, vittima un po’ del proprio goffo tentativo di ribalta ma soprattutto di chi ha trasformato una piccola storia dalla dubbia veridicità in un caso nazionale.”.
Selvaggia Lucarelli rilancia il debunking del fidanzato. Il tg3 approfondisce e fa notare le incongruenze.
L’innesco è pronto: da lì il passaggio agli shit storm e alla gogna mediatica è inevitabile. La Pedretti non regge, la fine è quella che tutti conosciamo.
La Lucarelli di questi asseriti debunking ne ha fatto un mestiere, anche se il più delle volte si tratta solamente di dubbi che, se pur legittimi, aprono attorno ai protagonisti profonde crepe, in cui sono prontissimi ad infilarsi gli haters, che non perdono tempo e occasione per sfogare la propria rabbia e la propria frustrazione con invettive e inqualificabili attacchi personali.
E di quanto possa essere duro e amorale il livore social lo può sapere solo chi ne diventa vittima, ultima di una lunga serie la Pedretti.
“Selvaggia hai proprio fatto un grande errore con me, perché il male che mi hai fatto te non lo puoi neanche immaginare, tu paragonata a uno squalo sei molto più forte. Mi ha fatto un male, in un momento della mia vita in cui non ne avevo affatto bisogno, è stato veramente qualcosa di pessimo. Voglio proprio dirlo, mi hai scaricato addosso in tutti i modi possibili tante persone”.
Questo è quello che scriveva solo qualche giorno fa Matteo Mariotti, attaccato dalla Lucarelli per una raccolta fondi fatta dai suoi amici per sostenerlo dopo la tragedia in Australia in cui ha perso una gamba a seguito di un attacco di uno squalo. “Il vero squalo è lei!”, dice il ragazzo.
Assistiamo all’ascesa di personaggi (influencer?) che si auto-nominano paladini della giustizia. Ma di quale giustizia?
Troppo velocemente le parole sui social si trasformano in insulti, spesso insostenibili anche per persone abituate ad essere al centro dell’attenzione, figuriamoci per chi – fino a poche ore prime – era un anonimo e poco illustre sconosciuto.
E non tutti hanno le spalle larghe per sopportare di trovarsi di punto in bianco dentro l’occhio del ciclone, ed alcuni purtroppo non reggono la pressione. Come è successo oggi.
Le parole sono pietre, scriveva Carlo Levi, a proposito di quelle terre dove diventava difficile applicare le leggi e affermare quei diritti che dovrebbero essere validi per tutti, un pensiero che diventa oggi più attuale che mai, navigando per i mari inesplorati del selvaggio web.
“…le lacrime non sono più lacrime ma parole, e le parole sono pietre.”.
Stay tuned.
Fabrizio Carta