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Quote rosa, ok dell’Ue al 40% di donne nei cda. Sanzioni per chi non ci sta

La Commissione europea ha adottato oggi all’unanimità una proposta di direttiva che punta a raggiungere l’obiettivo del 40% di donne nei cda delle società quotate in borsa entro il 2020. E nelle azienze pubbliche entro il 2018, perché “il pubblico deve dare l’esempio”, ha detto la commissaria europea alla Giustizia, Viviane Reding, che ha presentato la proposta e ha definito quella di oggi “una giornata storica”.

 

“Non è normale – ha detto in una conferenza stampa, dopo aver citato una serie di studi secondo cui laddove c’è “un equilibrio di genere negli organi decisionali delle aziende, i risultati sono migliori” – che adesso nei cda l’85% dei consiglieri siano uomini, contro un 15% di donne”. La Reding parla della sottorappresentazione delle donne come di “uno spreco di talento, soprattutto se si pensa che il 60% dei laureati nelle università europee sono donne”. Dunque, la proposta di oggi “serve a infrangere il tetto di cristallo che impedisce alle donne di arrivare ai vertici”.

La proposta prevede che gli Stati membri dell’Ue inseriscano nel loro ordinamento sanzioni contro quelle società che non rispetteranno l’obiettivo del 40%. “I Paesi membri – ha spiegato la commissaria lussemburghese – sceglieranno le sanzioni che riterrano più opportune, dovranno essere dissuasive, costituire un deterrente. Per esempio, si potranno comminare multe oppure si potrà procedere alla revoca della nomina di un candidato uomo”.

“Naturalmente – ha tenuto a sottolineare la Reding – dovranno essere scelte le donne con le qualifiche giuste, non si tratta solo di dare un incarico a qualcuno solo perché donna, ma bisogna dare alle donne qualificate l’opportunità di essere nominate”. La commissaria alla Giustizia ha quindi osservato come questa direttiva sia “fondamentale per la competività europea, soprattutto nell’attuale contesto di crisi economica”.

Non a caso, il testo è presentato congiuntamente con il commissario all’Industria, Antonio Tajani, alla Concorrenza Joaquìn Almunia, agli Affari economici e monetari Olli Rehn, al Mercato interno Michel Barnier ed all’Occupazione Lazslo Andor. La proposta, ha commentato Rehn, “contribuisce a creare un ambiente economico ed aziendale più equilibrato”.

”Con la proposta di oggi, la Commissione europea risponde agli appelli pressanti del Parlamento europeo affinché l’Ue intervenga a favore della parità di genere negli organi decisionali delle imprese”, ha sottolineato dal canto suo il presidente dell’esecutivo di Bruxelles, Jose Manuel Durao Barroso, mentre la Reding ha ancora ricordato come “l’esempio di Paesi come il Belgio, la Francia e l’Italia, che recentemente hanno adottato misure legislative e ora cominciano a constatare dei miglioramenti, dimostra con chiarezza che un intervento normativo limitato nel tempo può cambiare veramente la situazione”.

Secondo i dati diffusi a Bruxelles e relativi al gennaio scorso, nelle principali imprese europee soltanto un amministratore su 7 (il 13,7%) è donna, un aumento considerato troppo esiguo rispetto all’11,8% registrato nel 2010.

Ai critici della proposta secondo cui in Europa non ci sarebbe un numero sufficiente di donne qualificate per entrare nei cda, la Reding ha replicato che “il prossimpo 12 dicembre le principali business school europee pubblicheranno una banca dati con 7.500 nominativi di donne pronte già oggi a entrare in un cda, che hanno i requisiti giusti dal punto di vista della formazione e della comptenza e soddisdfano a pieno tutti i criteri severi richiesti”.

Al momento, il Paese con la percentuale più alta di donne nei board delle società quotate in borsa al gennaio del 2012 è la Lettonia, con il 25,9%, seguita dalla Svezia, con il 25,2%. Per quanto riguarda l’Italia, la percentuale si ferma al 6,1%, in lieve miglioramento rispetto al 5,9% registrato nel 2011. (adnkronos)