A quante famiglie è capitato di avere una diagnosi di disturbo del comportamento, dello sviluppo, di autismo e dinanzi alla lista d’attesa per accedere a logopedia e terapie riabilitative ha dovuto mettere i soldi di tasca propria per fronteggiare le spese in privato? Di casi ne potremmo raccontare una fiume in piena anche nell’Alto Vicentino, dove non sempre sono garantiti i diritti alla cura dal Servizio Nazionale Sanitario. Basti pensare al caso della piccola Aurora, i cui genitori di Zugliano hanno allestito con diverse raccolte di fondi un piccolo centro che è diventato un punto di riferimento per il territorio. Si chiama il Sole e l’Aurora e dietro c’è un lavoro inimmaginabile.  O a Mia, la bambina di Maragnole di Breganze, per la quale mamma e papà hanno chiesto aiuto alla collettività per una terapia comportamentale. Per Lei ogni anno, i proventi di sagre, di competizioni sportive come quella organizzata da Lorenzo Bressan sotto Natale, che ha raccolto perfino i soldi per acquistare uno strumento diagnostico per l”Ulss 7, che mancava. E ancora, Corrado, i cui genitori si sono indebitati fino al collo per fargli fare la terapia Aba e la logopedia. Sono solo alcune storie di casa nostra, ma in Italia una valanga di famiglie potrebbero raccontare vicende fotocopia. Ebbene, è di questi giorni la notizia che il Tribunale di Genova ha condannato la Asl 3 a risarcire 5.000 euro a una famiglia che aveva dovuto ricorrere al privato per le terapie di logopedia e psicomotricità per il proprio figlio, a cui era stato diagnosticato, alla fine dell’ottobre 2019, un disturbo dello spettro autistico. Le liste d’attesa per il pubblico erano troppo lunghe, tanto che il bimbo era stato effettivamente preso in carico dalla Asl 3 solo 34 mesi dopo, ad agosto 2022.

Così la famiglia, assistita dall’avvocata Rita Lasagna, ha fatto causa al Tribunale civile. E l’ha vinta, lo scorso 7 giugno ma con pubblicazione delle motivazioni della sentenza avvenuta solo lo scorso 7 ottobre e notizia diffusa da Lasagna ieri.

La storia giudiziaria potrebbe creare un precedente, ma soprattutto un esempio di tutela per bambini disabili che, non riabilitati come prevedono i Lea, potrebbero ottenere dei sacrosanti risarcimenti per diritti calpestati. Perchè ci sono famiglie che non hanno la possibilità economica per fare curare i propri bambini che il Servizio Sanitario non può considerare “dei vuoti a perdere” perchè una diagnosi precoce ed una reale presa in carico fanno la differenza nella qualità di questi soggetti fragili. Questi, se curati con i mezzi scientifici esistenti e sui quali oggigiorno sono stati fatti passi da gigante nei risultati, potranno diventare anche autonomi o comunque migliorare.

N.B.

 

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