Se i genitori negano una trasfusione di sangue al figlio devono prevalere i diritti del minore. Lo dice la Corte di Cassazione in un’ordinanza della prima sezione civile pubblicata il 3 febbraio scorso e di cui parla oggi Il Messaggero. «Se pure è compito e prerogativa dei genitori dare al figlio un’educazione anche sotto il profilo religioso, non può non considerarsi che le scelte religiose future del minore potrebbero essere diverse e pertanto non è accettabile che i genitori adottino decisioni per il minore in cui la loro fede religiosa sia assolutamente condizionante e prevalga in ogni caso sempre e comunque sugli altri interessi del minore», a cominciare dal «suo diritto a una crescita sana ed equilibrata», dice la Suprema Corte.
I fatti
I giudici si sono espressi sulla storia di un’emergenza per un bambino con una grave malformazione cardiaca. Nel gennaio 2022 per lui è in programma un intervento chirurgico. I genitori danno il consenso alle trasfusioni necessarie solo a condizione che il sangue provenisse da donatori non vaccinati contro il Covid-19, attivandosi per raccogliere personalmente la disponibilità di donatori rispondenti a tale requisito. Questo a causa della presunta pericolosità della proteina spike contenuta nel vaccino. Ma anche per motivi religiosi «in quanto per produrre il vaccino sarebbero state utilizzate linee cellulari provenienti da feti abortiti». L’azienda ospedaliera si era rivolta quindi al giudice tutelare di Modena, chiedendo l’autorizzazione a operare con urgenza.
L’8 febbraio 2022 il giudice tutelare ritiene la richiesta di genitori «irragionevole». Visto che, secondo l’opinione espressa dalla comunità scientifica maggioritaria, non vi sarebbe alcuna differenza tra il sangue dei vaccinati e dei non vaccinati. E nomina il direttore generale dell’ospedale quale «curatore del minore al fine di esprimere» il beneplacito all’intervento. Il provvedimento viene contestato davanti al tribunale dei minorenni di Bologna, che lo aveva respinto il 20 settembre 2023. Ma i genitori non si arrendono e arrivano fino alla Cassazione. Chiedendo «di ordinare alla struttura sanitaria di procedere alla raccolta sangue da loro direttamente prelevato» da soggetti no-vax. La Corte rigetta il ricorso lo scorso 3 dicembre.
Le motivazioni
E motiva così: «La richiesta di trasfusioni da donatori non vaccinati appare essenzialmente una scelta di coscienza religiosa, che in ogni caso non può essere imposta al minore – si legge nell’ordinanza firmata dal presidente della prima sezione civile Maria Acierno – se non all’esito di una adeguata valutazione e ponderazione dei suoi diritti e interessi, che sono suoi e non del nucleo familiare di cui fa parte. In alcuni casi possono identificarsi con quelli del nucleo familiare, ma in altri divergere e del rispetto di questi diritti e interessi il giudice deve farsi garante». La scelta, secondo la Cassazione, «aggravava inutilmente i protocolli dell’ospedale, incidendo sulla sfera di autodeterminazione dei medici». Tra l’altro, controllare se i donatori erano vaccinati o meno – spiega il giudice nell’ordinanza – non avrebbe garantito il figlio dalla trasmissione della proteina spike, «anzi probabilmente lo avrebbe ancora più esposto a questo rischio».
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