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La castità per i fidanzati: psicoterapeuta e teologo a confronto sull’esortazione del Papa

Continuano a fare discutere le parole di Papa Francesco sul valore della castità nelle coppie di fidanzati. Una raccomandazione quella del capo della Chiesa che è sembrata andare contro la consuetudine dei tempi moderni e in parte anche in controtendenza rispetto alle non poche aperture – l’ultima in ordine di tempo riguarda la nomina di due donne in seno al Dicastero per i vescovi – che Bergoglio ha impresso al suo pontificato.

In vero, considerazioni che andrebbero analizzate più a fondo e che sotto una copertina che sa di ‘superato’, nascondono invece degli spunti di riflessione meritevoli di una disamina più ponderata e forse declinata ad un approccio più laico. Tutto si rifà a quanto contenuto nell’esortazione apostolica ‘Amoris laetita’ – tradotto ‘La gioia dell’amore’ – dove Papa Bergoglio spiega che la castità non sarebbe inutilmente predicata se raccolta come opportunità di conoscenza dell’altro, di momento che non preclude in assoluto il contatto fisico, ma che non lo antepone alla necessità di conoscere chi ci sta a fianco. Castità quindi alleata dell’amore: ‘essa infatti‘- recita uno dei passaggi cruciali del testo papale – ‘è via privilegiata per imparare a rispettare l’individualità e la dignità dell’altro, senza subordinarlo ai propri desideri‘.

“La nascita delle religioni avviene in un epoca assai lontana da quella odierna” – commenta al proposito Matteo Trevisan, psicoterapeuta molto vicino al mondo giovanile – “epoca in cui i matrimoni per esempio si configuravano più come atti sociali che come atti d’amore: basti pensare ai matrimoni combinati. L’età degli sposi inoltre era molto inferiore rispetto ad oggi, si parla di matrimoni all’età di 14 anni, con la conseguenza che i rapporti prematrimoniali di allora sarebbero considerati, con una parola moderna, alla stregua della pedofilia. Da queste sicuramente non esaustive argomentazioni si comprende la condanna, trasversale a tutte le religioni, dei rapporti prematrimoniali.

Oggi la situazione è radicalmente cambiata. Oggi ci si sposa, se ci si sposa, verso i 30 anni; si ha la possibilità di conoscere, frequentare persone di ogni parte del mondo e di culture molto diverse dalla propria: l’individuo è maggiormente emancipato dalla struttura famigliare, i sistemi valoriali a cui fare riferimento sono molteplici e non per ultimo ogni individuo percepisce maggiore possibilità di scelta.

Nella Bibbia stessa il verbo ‘conoscere’ è sinonimo di unirsi sessualmente, in altri termini potremmo dire che si conosce una persona, tanto da decidere poi di sposarla, solo se prima la si conosce nell’integralità di tutte le sue ‘dimensioni’ compresa quella sessuale: escludere tale dimensione non ha quindi alcun senso o utilità.

Il mio lavoro mi permette di incontrare molti giovani ed è doveroso sottolineare come i giovani non percepiscano affatto come un problema i rapporti prematrimoniali e nemmeno quelli occasionali, le criticità piuttosto si manifestano rispetto ai significati che accompagnano la dimensione della  sessualità. Vale la pena quindi chiedersi – conclude Trevisan – se sia più utile dedicare spazio e risorse ad una educazione all’affettività ed alla sessualità liberando tali dimensioni dai pregiudizi moralistici per poter costruire con le persone siano esse giovanissime giovani o adulte nuovi significati che abbiano alla base il rispetto pieno e totale dell’altro ed una piena responsabilità personale”.

“Quello che Papa Francesco ci propone” – spiega invece il giovane docente di religione cattolica Daniele Pressi – “è di dare più peso all’altro che a noi stessi. La sessualità oggi può togliere la possibilità di un contatto più intenso e di un livello di comprensione reciproca che vada oltre il rapporto fisico, peraltro non escluso. Non bisogna vederla in chiave assoluta, piuttosto come passaggio utile a rafforzare la coppia, lasciando spazio a parole come ‘pazienza’ e ‘rispetto’ che ormai si sono svuotate di significato: così come apprendere che amare è anche comprensione per i tempi di assenza che possono esistere all’interno di un rapporto anche matrimoniale. Nell’epoca della semplificazione invece tutti si sono fermati al titolo, castità. Immagino il brivido che ha percorso la schiena di molti giovani, ma ribadisco che bisogna, volendolo, andare oltre. Non ci sono obblighi, sarebbe anacronistico: semmai l’occasione di elevarsi e di farsi come coppia il dono di un amore forse più consapevole e meno legato a pulsioni che in tanti casi mirano di più a soddisfare sè stessi che la propria compagna o il proprio compagno”.

Marco Zorzi